Discussione: Il Romanzo della Notte
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Vecchio 16-04-2019, 03.02.35   #66
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Durante un soggiorno trascorso nel castello di un suo discepolo, Ordifren scrisse queste parole, raccolte poi in un canto impresso nella nuda roccia dello stesso maniero.
Il castello non è mai stato scoperto, come ignoto è il nome del lago sul quale i suoi bastioni si affacciano.
Conosciuto invece è il nome di colei a cui tali parole Ordifren dedicò.

"Da qui domino con un solo sguardo l'intero scenario del lago, che durante le più cupe ore notturne, quelle che i poeti in antichi versi chiamavano ore del lupo, i pini, i salici, i noci e le querce, simili a primordiali colonne di ombre e silenzio, che paiono danzare inquieti ed in balia di ancestrali canti maledetti, si ergono pagani oltre il limitare ammantato ed incerto incedere che racchiude quello scorcio di mondo.
Che notte singolare questa, pallida visione e vago riflesso di quelle tormentate notti che da sempre devastano il mio animo.
Il cielo è mutato.
Mutato in una notte diversa, come una tempesta violenta che soffia con vigoria, simile alla forza emanata dagli occhi luminosi delle donne che attraversano il mio cuore.
Muse di sensuale e spettrale desiderio, ninfe dagli sguardi cangianti e figlie del crepuscolare estro del mio genio blasfemo.
Vedo le cime degli alberi, ore piegate da un vento inclemente che sibila, corre ed ulula tra i dirupi scoscesi, gli aspri declivi, le pareti levigate fino allo strapiombo vuoto e profondo di quell'abisso, che è il solo riflesso cupo, del pallore lunare che lotta scintillante e sinistro tra gli squarci di nuvole spettrali e raminghe.
Lampi e fulmini frastagliano il cielo notturno, nascendo non solo dalle nuvole scure, ma da ogni vetta, ogni scarpata, ogni pendio che dall'alto corre verso i baratri bui di questa notte senza salvezza.
Come brilla il lago sotto le folgori romantiche e guardinghe della tempesta, simile ad un riflesso fosforescente di cristalli perduti in infiniti frammenti, liberando finalmente una pioggia danzante di guizzi e zampilli che fecondano di desideri l'arida terra delle mie speranze.
Ora tutto è musica e rime, strofe ed echi di una musica che anima le colline, i valichi, i boschi e le sponde della corona che incornicia il lago e tutto il mio mondo.
Ed oltre ciò odo l'impetuoso fiume che solca il suo letto e scava strade di labirinti fino al cuore stesso della terra, sede di spiriti e sogni, dove si nascondono occhi mai dimenticati, neanche all'Inferno.
Fra le più sbiadite colline, nate dagli Inverni più freddi, si stagliano strette come amanti fuggiaschi, intrecciate fra loro, contro l'incavo profondo della prospettiva illusoria che pare dividere il mondo dei vivi da quello degli spiriti.
E sotto questo mondo, battuto dal vento, danzante di pioggia e tinto della notte più inquieta, si aprono ignote miniere scavate nei secoli da demoni antichi, dai nomi maledetti, dove rocce e minerali si tingono del sangue della terra, generando fiori sconosciuti e segreti, dai petali di colori nuovi che racchiudono desideri inconfessabili di amanti perduti.
Quei fiori cerco da sempre, affinchè tu ne indossi uno soltanto e nient'altro, come regina e custode dei miei vizi irriverenti.
E quando la tempesta placa la sua foga e la notte ritira le sue ombre informi, cedendo il passo alla luce dell'aurora verginale che rende sterili i sogni, il mondo tutto resta muto, con opachi mattini tutti uguali di duelli e guerre senza onore, nei viali solitari percorsi dal fugace e plumbeo ricordo della Luna ormai dormiente.
Luna che è mia sola confidente e dal cui volto io traggo fattezze e forme a cui dare, come ogni notte, il tuo nome, Maria."
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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