Discussione: Ardea de'Taddei
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Vecchio 03-02-2010, 01.46.37   #158
Guisgard
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ARDEA DE' TADDEI

LXXXVI

“Stirpe maledetta e caina che finge
di non udire il lamento del proprio
sangue reale!”
(La Guerra dell’Oro, VII)


Poco dopo, Ardea e Biago presero possesso della loro camera.
Biago, stanco per il viaggio, cadde subito nelle tenere braccia di Morfeo.
Ardea invece, in balia di pensieri e preoccupazioni, impiegò un po’ prima di addormentarsi.
La notte tuttavia, nonostante la tetra atmosfera di Frattagrande, trascorse tranquilla.
L’indomani, i due scesero per la colazione nella sala da pranzo.
E qui trovarono un’inaspettata sorpresa.
Un uomo, asciutto nel fisico e rugoso nel volto, li stava attendendo.
Era abbigliato al modo degli stallieri e diceva di aver avuto ordine di condurre i due nuovi arrivati al palazzo ducale.
“Costui ha nome Giovanni” disse il locandiere “ed è al servizio dei Mussoni da anni ormai. E’ una persona di piena fiducia. Potete seguirlo tranquillamente.”
“Veramente” intervenne Biago “non abbiamo ancora fatto colazione…”
“Al palazzo” rispose Giovanni accennando un inchino “è tutto pronto per accogliervi. I miei signori attendono voi per la colazione.”
“A cosa dobbiamo questo invito al palazzo?” Chiese Ardea.
“I miei padroni sono vassalli leali e fedeli” rispose Giovanni con un tono di rispetto e pudore “e desiderano che un cavaliere del duca ed il suo scudiero alloggino al palazzo.”
“Sanno già chi ci manda.” Disse Ardea sarcastico guardando il locandiere. “Sembra che in questa contrada le voci corrano anche di notte.”
Poi, prese le loro cose, seguirono quel uomo.
Poco dopo si ritrovarono davanti al palazzo ducale di Frattagrande.
L’edificio era grande e ornato di diversi fregi e stendardi, che raccontavano il lignaggio ed il prestigio della stirpe dei Mussoni.
Giunti nel grande cortile colonnato, trovarono ad attenderli un uomo di bassa statura ma di portamento fiero.
“I miei saluti, cavaliere!” Disse andando incontro ai due ospiti. “Sono Luigi de’Mussoni e vi porgo il benvenuto a Frattagrande.”
“I miei omaggi, milord.” Rispose Ardea.
“Con chi ho l’onore di parlare, messere?” Chiese Luigi.
“Sono, come già sapete, un cavaliere inviato dal duca per controllare come procedono la conduzione e l’amministrazione di Frattagrande.”
“Ed avete un nome, presumo?” Chiese ancora Luigi.
“Ho un nome, milord, come tutti i cristiani...” rispose Ardea “...ma feci voto solenne di non rivelarlo mai ad alcuno. Se vi aggrada potete rivolgervi a me con l’epiteto di cavaliere disonorato.”
“Singolare soprannome!” Esclamò stupito Luigi.
“La cavalleria insegna a noi suoi adepti che la vanagloria e le frivolezze della vita vanno annullate.” Rispose Ardea. “Io peccai proprio in simili carenze ed il mio nome, ancora oggi, ricorda la mia colpa.”
“Sebbene” rispose Luigi “il vostro portamento e le vostre parole neghino il sospetto in voi di tali colpe, rispetterò questo vostro voto e vi chiamerò come mi avete detto.”
Ma proprio mentre Luigi parlava, Ardea notò una figura che da una delle finestre che davano sul cortile li stava fissando.
Era una donna, dai chiari capelli e dall’aspetto avvenente.
“Vedo che non hai perso tempo ad accogliere i nostri ospiti.” Disse una voce appena giunta nel cortile.
“Sebbene dimori ancora instabilità in questa contrada” rispose Luigi “le regole del buon vivere civile non le abbiamo dimenticate.”
Poi, rivolto ad Ardea aggiunse:
“Cavaliere, questa è mia sorella Maria.”
La donna fece un inchino e si presentò ad Ardea.
Era questa una bellezza bruna, dai lineamenti gentili e ben fatti. Prosperosa nelle forme e fiera nel portamento.
“Sono sicura” disse la donna “che mio fratello avrà ben soddisfatto il ruolo di padrone di casa, sebbene non ne abbia nessun titolo, porgendovi il nostro benvenuto.”
“Qualcuno doveva pur accogliere l’inviato del duca!” Sbottò infastidito Luigi.
“Ed hai fatto benissimo, fratello mio.” Rispose Maria che poi, rivolta ad Ardea, chiese:
“Qual è il vostro nome, messere?”
“Come ho già spiegato a vostro fratello” rispose il cavaliere “un voto impostomi dal mio credo fa si che tutti mi chiamino cavaliere disonorato.”
“Un nome tanto meschino per un uomo così affascinante?” Rispose Maria. “Ed immagino che il vostro valore non sia da meno del vostro aspetto.”
“Milady...” disse Ardea chinando il capo “...vi benedica Iddio per le vostre parole.”
“Direi di raggiungere la sala grande” intervenne Luigi “dove ci verrà servita la colazione. Se volete farmi la compiacenza di seguirmi.”
Ma prima che lasciassero il cortile, ad Ardea non sfuggì un cenno tra Maria e Giovanni.
Un cenno quasi di intesa che però colpì il cavaliere per la forma confidenziale con cui fu posto dalla donna a quel servitore.
Giunti poi nella sala grande, altre due donne andarono incontro ai nuovi arrivati.
“Queste sono le mie due sorelle Ania e Rosetta.”
Le due donne si presentarono con rispettosi inchini e larghi sorrisi ai loro ospiti.
Costoro erano di qualche anno più giovani di Maria e a differenza della sorella maggiore erano molto più chiare di carnagione, sebbene meno affascinanti. Le accomunava il castano chiaro dei loro capelli ed un fare nei loro modi che tradiva una certa indole battagliera.
“Visto che ci siamo tutti” prese a dire Luigi “direi di metterci a tavola per la colazione. I nostri ospiti saranno affamati.”
“Manca ancora Parzia” rispose con tono fermo Maria “e sono sicura che i nostri ospiti vorranno conoscerla e godere, con noi, della sua compagnia..”
E proprio in quel momento giunse nella sala una ragazza.
Era più giovane delle altre e tradiva un portamento molto meno distinto.
Il suo fare disinvolto, che ben si legava alla sua avvenenza, ben dipinta dal biondo tenero dei capelli, dal viso gradevole e dalle forme aggraziate, colpì subito Ardea.
Un’ampia scollatura si apriva sul suo vestito turchese ed uno sguardo ammaliante era impresso sul suo volto.
“Questa è Parzia, nostra sorella minore.” Disse Maria.
Ardea nel vederla subito riconobbe in lei la ragazza che li stava osservando da una finestra del cortile poco prima.


(Continua...)
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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