Discussione: Ardea de'Taddei
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Vecchio 23-09-2009, 02.35.36   #49
Guisgard
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ARDEA DE' TADDEI

XI

“_Perché domandi del mio re?_ Chiese Ruko.
_Perché il fato mi ha imposto di seguirlo!_
Rispose Icaro.”
(L’Imp, libro I)


Gli allenamenti per irrobustire il corpo erano duri, quanto i sacrifici che Ardea doveva affrontare per temprare il suo spirito.
“Cavalieri è un modo di essere, non di vivere!” Gli ripeteva costantemente suo padre. “Devi saper rinunciare a tutto, fosse anche al mondo intero! Un giorno la cavalleria potrebbe chiederti la vita e tu devi essere pronto a concedergliela!”
Così Ardea, in anni di infaticabili lezioni, atte ha mutarlo in un nuovo essere, un cavaliere appunto, apprese l’uso di ogni sorta di arma, la dimestichezza con le lingue della nobiltà, l’afronormanno, il latino ed il greco e non da ultime le regole della cortesia.
Elegante nella figura, snella ed asciutta, gradevole nei lineamenti e dal regale portamento, Ardea era giunto così alle soglie dell’età adulta.
Il coraggio e la generosità non gli facevano difetto, come del resto la nobiltà d’animo e la Fede nel Signore.
I lunghi capelli bruni, la pelle bianca e gli occhi chiari, caratterizzavano il suo bell’aspetto, tipico della nobiltà afragolignonese.
E nel vederlo, suo padre sentiva forte nel cuore un misto di gioia, orgoglio ed amore.
“Sarà il più grande cavaliere mai nato.” Pensava spesso. “E da lui sorgerà una grande stirpe, che darà nuovo lustro al regno e forza alla Chiesa!”
Nei momenti di riposo dai duri allenamenti, Taddeo ed Ardea viaggiavano spesso tra il castello ed alcuni possedimenti del ducato.
E così vassalli e sudditi avevano iniziato ad ammirare ed amare il giovane figlio del duca, bello e virtuoso, sicuro vanto della futura cavalleria.
Ma più di ogni altro luogo, Ardea amava passeggiare con suo padre nelle sale e nelle torri del castello.
Ed in questo vi era un luogo, che sin dalla prima volta aveva suscitato la curiosità nel cuore di Ardea.
Era la cappella del castello.
Qui ogni giorno padre e figlio prendevano messa e, dopo essersi confessati, partecipavano al banchetto eucaristico.
L’abside con il Cristo Benedicente dominava l’intera navatella, mentre sui lati si trovavano due dipinti, uno con la Santa Vergine ed il bambino, l’altro con i tre Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele.
Ma ciò che incuriosiva Ardea era una piccola ara in pietra, posta davanti all’altare, con incise scene del Vecchio Testamento lungo il bordo e immagini della vita di Cristo sulla lastra, sempre in pietra, che la copriva.
Ardea aveva provato a chiedere al duca cosa contenesse quell’arca, ma Taddeo aveva risposto in modo molto vago.
“Contiene un oggetto appartenente da anni alla nostra stirpe.”
Di più Ardea non osò chiedere, forgiato com’era alle gentili regole della cortesia.
Una sera di fine estate, il duca volle avere ospiti ser Vico d’Antò e l’abate Petrillus alla sua tavola.
Aveva fatto cacciare dai suoi servitori cervi, lepri e cinghiali, che avrebbero imbandito la sua tavola con la più fresca frutta di stagione e i dolciumi più deliziosi. Il tutto innaffiato da buon vino di vecchia data e pregiata fama.
“Signori” esordì durante la cena il duca Taddeo “stasera è una serata particolare. Ecco perché ho voluto circondarmi di tanta nobile e gentile compagnia.”
“Cosa ricorre stasera, milord?” Chiese Vico.
“Un momento doloroso quanto improrogabile, amici miei!” Rispose con tono grave il duca.
“Un evento spiacevole, vostra grazia?” Chiese preoccupato l’abate.
“Cosa è accaduto, padre?” Chiese Ardea.
“Figlio mio” iniziò a dire il duca “sai quanto mi sei caro e sai che darei la vita per te.”
“E’ lo stesso per me, padre mio.”
“Ma arriva, nella vita di un padre, il momento in cui dovrà vedere suo figlio partire.”
“Io non vado in nessun luogo, padre mio. Non senza di voi.”
“Figlio mio, io avevo un impegno con il Cielo…renderti un cavaliere. E credo di aver ben svolto tale missione. Ora però, non avendo più nulla da insegnarti, resta l’ultimo atto da compiere. E solo dopo questo potrai definirti un vero cavaliere.”
“Che atto?” Chiese il giovane.
“La tua investitura a cavaliere, figlio mio. E quella spetta al re ed a lui solo.”
“L’investitura…” Sussurrò Ardea.
“Si. Fra tre giorni partirai per la corte, dove sarai ricevuto dalla nobiltà e dal re in persona. Mostra il tuo valore ed egli ti proclamerà cavaliere. Ed allora potrai tornare da me, figlio mio.”
Quelle parole echeggiarono a lungo nella mente e nel cuore del giovane.
Il re, la corte e l’investitura a cavaliere: Ardea capì che il suo destino stava per compiersi.


(Continua...)
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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