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Vecchio 30-09-2011, 13.35.03   #1
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Il Giorno di San Michele

Ieri, 29 Settembre, è stato il giorno in cui si celebra la festa dei Santissimi Arcangeli di Dio, Michele, Gabriele e Raffaele.
Il giorno di San Michele non è un giorno come tutti gli altri nella mia antica e nobile terra.
Questo giorno è scandito da una ritualità particolare.
Al Primo Angelo di Dio è consacrata la nobiltà guerriera che governa le mie terre e in diversi luoghi santi, dove si ricordano le apparizioni di San Michele, vengono celebrate feste e giostre in cui fanno sfoggio i più alti ideali della Fede e della cavalleria.
Ma San Michele, per me, ha un valore particolare.
Ricordo quando da piccolo mio padre mi portava sul monte che i miei antenati battezzarono Sacro, dove sorge uno dei più antichi e visitati santuari micaelici.
E nel mio cuore è ancora vivo lo stupore e la meraviglia che provai quando vidi per la prima volta l’immagine dell’invincibile Arcangelo accanto all’altare.
Mai avevo visto nulla di simile.
La Bilancia che aveva nella mano sinistra, con la quale condannava il maligno, e la lancia nella mano destra con cui lo trafiggeva.
Mi era stato raccontato da mia madre che nulla è bello come un Angelo di Dio e che loro sono i cavalieri dei Cieli.
Forse in quel momento capii che sarei diventato un cavaliere.
E proprio in un fresco e luminoso pomeriggio di Settembre, come quello di oggi, mio nonno mi narrò questa storia che aveva come protagonista San Michele…


Viveva nelle mie terre un uomo pio e devoto alla Fede Cristiana.
Egli possedeva un ricco feudo, che amministrava per conto del re.
Costruì un possente castello ed una cinta muraria per difenderlo dai nemici della Chiesa e della corona.
E per preservare le sue terre dal male oscuro degli inferi, sotto consiglio del vescovo, commissionò al più abile artigiano del posto una statua raffigurante San Michele Arcangelo.
Fece così benedire la statua, ponendola poi in una sontuosa cappella.
Nel lasciare le sue ricchezze all’unico figlio, l’uomo si raccomandò che quella statua non fosse mai tolta, ma sempre lasciata come guardiana del feudo.
Il figlio però, che aveva nome Ugo, non condivideva col padre le stesse virtù.
Era miscredente e fannullone ed in breve sperperò le ricchezze avute in eredità.
Così, per sostenere se stesso e la sua bellissima moglie, cedette alle richieste di un duca suo vicino, vendendogli la preziosa statua lasciatagli dal padre.
Una sera bussò alla sua porta un misterioso viandante.
Chiese ospitalità e si fermò per una notte.
L’uomo affascinò subito lo stolto Ugo con giochi di prestigio e mostrandogli le sue monete d’oro.
Il viandante era capace di duplicare oro e argento e questo stupì lo sciocco feudatario.
“Se avessi questa vostra arte” disse Ugo al viandante “accomoderei tutte le mie difficoltà...”
“Vuoi essere ricco?” Fissandolo il viandante. “Basta davvero solo questo per renderti felice?”
“Chi siete voi?” Domandò incuriosito Ugo.
“Ho molti nomi...” rispose il viandante “… qualcuno mi chiama Belzebù, qualcun altro Mefistofele, altri ancora Asmodeo… ma per tutti sono il diavolo!”
“Mi prendete in giro!”
“Credi?” Sorridendo il diavolo. “E come potrei allora duplicare e triplicare oro e argento davanti a te, se non fossi realmente il diavolo?”
“Cosa volete da me?”
“Se mi concederai tua moglie per stanotte e la tua anima per l’eternità, io realizzerò qualsiasi tuo desiderio.”
“Vi darò ciò che desiderate...” fece Ugo “… ma in cambio dovete garantirmi questo... voglio essere felice non solo in questa vita, ma anche all’Inferno!”
Il diavolo annuì e i due sancirono l’innaturale patto.
Quella notte così sua moglie dormì col diavolo, per tornare nel letto di suo marito solamente all’alba.
E sorto definitivamente il Sole, la donna svegliò suo marito.
“Felice, svegliati! E’ ora di alzarsi! Abbiamo molto da fare stamattina!”
Il marito pian piano cominciò a svegliarsi.
“Avanti, su!” Chiamò la donna. “Vienimi a dare una mano, Felice!”
“Come mi hai chiamato?” Sorpreso l’uomo.
“Sei ubriaco sin dal mattino? Avanti, alzati dal letto, Felice!”
“Felice?”
“Ora non ricordi neppure più il tuo nome? Allora controlla sulla lapide che segna l’inizio della tua proprietà e sui registri demaniali!” Ironica la moglie. “Hai quel nome sin dalla nascita e l’hai dimenticato in una notte?”
L’uomo allora capì di essere stato giocato dal diavolo.
“Quell’uomo…” mormorò.
“Si, un gran signore!” Sorridendo con malizia la donna. “E mi ha anche lasciato una borsa di monete d’oro, dopo essere stata con lui tutta la notte!”
Folle per la disperazione, il marito, ormai beffato e dannato dal demonio, si avventò sulla donna e la strangolò, per poi dar fuoco alla sua casa e perire fra quelle stesse fiamme.

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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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