Discussione: Ardea de'Taddei
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Vecchio 28-10-2009, 01.55.47   #103
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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ARDEA DE' TADDEI

XXVIII

“<<Volesse Dio>> disse poi Fitzurse a
De Bracy, <<che qualcosa potesse
ridarlo a lui, il coraggio! Il solo nome
di suo fratello è per lui un tormento.
Infelici i consiglieri del principe che
pretende pari forza d’animo e perseveranza
nel bene e nel male!>>”
(Ivanhoe. XIV)


Uscito quell’oscuro cavaliere, l’intera corte fu colta da agitazione e timore.
Tutti si chiedevano chi si nascondesse veramente sotto quell’elmo.
“Mai ho veduto un simile cavaliere!”
“E nessuno altro l’ha veduto!”
“Non è un uomo che si cela sotto quella corazza, ma un demonio!”
“Nel vederlo battersi, ho davvero creduto si trattasse di un Ercole redivivo o del mitico Orlando tornato da Roncisvalle!”
“Forse quel cavaliere è uno spirito giunto per tormentarci!”
Queste ed altre mille frasi simili si rincorrevano confuse nella corte.
Lo scempio compiuto da quel cavaliere sui migliori guerrieri di Afragolignone, aveva gettato tutti nella paura e nello sconforto.
“Dieci come lui” disse il re “ed il regno sarebbe perduto! Nemmeno un esercito potrebbe fermali!”
Ardea ascoltava senza rispondere nulla.
“Apparite pensieroso, messere” gli domandò il re “siete già pentito per aver accettato la sfida?”
“No, maestà” rispose Ardea “mi chiedevo solo chi sia veramente e cosa l’abbia spinto qui oggi.”
Nella sala, in quel momento, entrò un vecchio monaco, da tutti ritenuto un santo eremita, che viveva nel bosco e solo di tanto in tanto veniva in città.
“Vi chiedete chi sia?” iniziò a dire ai presenti. “Un angelo o un demonio? E che differenza farebbe per voi saperlo?”
“Perché vieni a tormentarci, monaco?” Chiese il re, come destato da quelle parole da un qualche profondo pensiero.
“Non io e nemmeno quel cavaliere” rispose il monaco “ma le vostre colpe vi tormentano!”
“Cosa ne sai tu delle nostre colpe?” Gridò uno dei baroni presenti.
“Per mettere alla prova Giobbe” continuò il monaco “Iddio non liberò forse il demonio per tentarlo?”
“E l’angelo della morte” aggiunse voltandosi verso il trono “non fu mandato dall’Onnipotente per punire gli egizi, uccidendo loro i primogeniti?”
“Tu sei pazzo!” Gli gridò il re.
“Angelo o demone” disse il monaco guardando il cielo “non fa alcuna differenza! Egli è per voi un castigo divino!”
“E di cosa si sarebbe macchiata questa corte?” Chiese indispettito il re.
Il monaco sorrise amaro e, appoggiandosi al bastone, si avvicinò al trono.
“Un re” iniziò a dire “conosce la fedeltà dei suoi uomini e la loro abilità con le armi, ma non cosa cela il cuore di ognuno di loro.”
Detto questo, iniziò a recitare alcune orazioni, poi si incamminò verso l’uscita e sparì dalla corte.
Le parole del monaco suscitarono nei presenti un angoscia che andò a sommarsi all’inquietudine che albergava già precedentemente nella sala, rendendo l’atmosfera ancora più cupa.
In Ardea però quelle parole avevano ridestato un pensiero che ormai da ore l’affliggeva.
Così decise di partire all’istante.
Salutò tutti a corte ed omaggiò il suo re. Poi, preparata ogni cosa, lasciò prima il palazzo reale e poi la città, per fare ritorno alle Cinque Vie.
Sul sentiero che, attraversando il bosco, conduceva verso le sue terre, fu assalito da innumerevoli pensieri.
L’immagine di suo padre solo e malato l’affliggeva, come una lama che gli lacerava le carni.
I mesi passati senza scrivergli ora gli sembravano come un lungo periodo di perdizione, in cui aveva maturato vizi e pensieri che minavano i suoi valori ed ideali più alti.
Più si avvicinava a casa, più il senso di inquietudine cresceva.
Il suo animo si tormentava, afflitto dal rimorso e dal rimpianto.
Tutto ciò che prima gli dava gioia, tutti i suoi sogni, le aspettative per il futuro, il suo destino di cavaliere, ora gli apparivano senza senso e valore.
Così, come a volersi liberare da questi rimorsi, da queste inquietudine, lanciò in un furioso galoppo il suo cavallo, affondando nel ventre del veloce animale, i suoi speroni lucenti.
Le briglie tirò forte e con la voce incitò il suo destriero a divorare la via che lo separava dal suo amato padre.
Così, lanciato in quella furiosa corsa, come a voler fendere l’aria, in breve avvistò il castello delle Cinque Vie.
Un mare di ricordi lo raggiunse in quel momento.
E mentre una fresca brezza gli accarezzava i capelli, il suo viso fu rigato da amare lacrime.


(Continua...)
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO

Ultima modifica di Guisgard : 28-10-2009 alle ore 02.05.14.
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