Discussione: Enigmi a Camelot
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Vecchio 13-04-2023, 01.25.10   #5340
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Il treno era arrivato nella piccola e dimenticata stazione di un paesino dal nome impronunciabile, inerpicato sulle vette delle montagne.
Qui il capostazione, un ometto magro e dall'accento marcato, mi spiegò che per raggiungere la Rocca degli Angeli, un'antica fortezza e simbolo di ciò che restava del potere feudale in questi luoghi, il solo mezzo disponibile era una carrozza che il mio cliente avrebbe inviato apposta per me.
Beh, ammetto che non è il massimo aspirare a un lavoro da queste parti, ma ormai il ruolo di insegnante sembrava superfluo nel mondo civilizzato e non mi restava quindi che accettare ogni genere di lavoro per continuare a esercitare la professione.
L'uomo che aveva richiesto i miei servizi era un vecchio nobile del posto, credo neanche troppo colto, ma intenzionato a offrire un'istruzione moderna ai suoi due nipoti.
Sinceramente non sapevo cosa aspettarmi da questa storia, visto che ero stata chiara sin da subito, in risposta alla lettera del vecchio nobile, riguardo al fatto che avrei deciso se accettare o meno l'incarico.
Attesi circa un'ora nella piccola stazione, al freddo pungente di un crepuscolo chiaro e dal profumo di fiori selvatici.
Solo quando la sera cominciò a mostrarsi io sentii il nitrito di due cavalli.
Erano degli animali fantastici, robusti e ribelli, bianchi come ghiaccio al Sole e trascinavano una carrozza dall'aspetto fragile, decadente rispetto all'ardore dei 2 destrieri.
“La professoressa Actus, presumo.” Disse il cocchiere saltando giù dalla carrozza, per poi afferrare con forza il mio bagaglio e legandolo al tetto della vettura.
Era alto, quasi allampanato, avvolto in un mantello scuro e mostrandolo solo lo sguardo racchiuso dall'alto bavero e dal largo basco.
“Si, sono io.” Risposi stringendomi nel mio cappotto.
“A bordo potrà riscaldarsi, professoressa.” Lui aprendo la porta della carrozza. “Troverà una bottiglia di un buon liquore.”
Io annuì e salì a bordo.
Un attimo dopo la carrozza partì, attraversando rapida e scricchiolante gli stretti sentieri a picco sugli strapiombi e sulle pareti rocciose.
Sorseggiai un po' di quel liquore e sfogliai la vecchia Bibbia lasciata sul sedile accanto a me.
“Ecco altri fanatici religiosi...” pensai fra me, aprendo la Bibbia alla pagina segnata da un drappo color porpora.
Lessi un passo sull'Arcangelo Metatron.
Chiusi la Bibbia dopo aver letto velocemente qualche riga.
Guardai allora il paesaggio dal finestrino, ammirandone la cupa bellezza e la barbara inquietudine dei passi, delle piane e degli spazi che correvano come lo scenario di un quadro romantico.
A un tratto apparve qualcosa in lontananza, simile a un colossale monte che pareva puntare con superbia verso il cielo.
Per un attimo immaginai che così, se fosse esistita, doveva apparire la Torre di Babele.
Dopo qualche istante alcune luci si accesero lungo i pendii di quel monte e solo quando la carrozza percorse un lungo tratto compresi che davanti a me si ergeva un imponente e gotico castello.
Era antico, in rovina e trasmetteva una strana sensazione.
Non sapevo come descriverla, ma non era piacevole.
Ammetto che nutrivo ormai profondi pregiudizi su queste persone, ai miei occhi bigotti superstiziosi come tutti i nobili, ma questa sensazione non sembrava frutto del mio stato d'animo.
I miei pensieri furono bruscamente interrotti al nitrito furente dei cavalli e del loro scalciare nervosamente.
Guardi fuori e mi accorsi, con stupore, che eravamo già giunti al maniero.
Il cocchiere aprì la porta per farmi scendere e poi tirò giù il mio bagaglio.
“Posso portarlo io, grazie.” Mormorai.
“Il padrone non me lo permetterebbe, professoressa.”
“Incontrerò il duca subito?” Chiesi, stupendomi poi dello scuotere il capo del cocchiere.
“Il padrone non è al castello.” Fissandomi.
Un uomo anziano che si allontana da questo posto?
Viaggiare da queste parti è faticoso e ciò mi stupì.
Entrammo nel castello e un senso di angoscia mi avvolse.
C'erano immagine Sante ovunque, perlopiù Icone Russe.
Le candele illuminavano a stento l'androne e ancor meno il breve corridoio che ci condusse alla corte interna.
Qui la penombra pareva un sortilegio che poteva animare i volti dei tanti dipinti alle pareti e le fattezze degli animali impagliati, usati come dubbio arredamento.
Il cocchiere gettò un grosso pezzo di legna sul cammino e ravvivò la fiamma, pregandomi poi di sedermi e scaldarmi.
Un attimo dopo scomparve nel chiaroscuro di un altro corridoio.
Il fuoco del camino fu un toccasana e attesi per lunghi istanti che qualcuno giungesse.
Nell'attesa mi accorsi di un libello sulla mensola in noce del focolare.
Lo presi e iniziai a sfogliarlo.
Lessi una strana frase scritta a penna sulla prima pagina, capendo un attimo dopo che si trattava di un enigma:

“Ti sei chiesta come appariva Babele,
dalle tante voci con cui sfiori le candele.
Squadri stile e fattezze dei suoi bastioni,
sulla cui cima sai cacciar aquile e falconi.
Non ascoltar il vento con i suoi batticuori,
ma gusta di Giuditta elisir e i rossi liquori.
La torre cadrà per degli Angeli le ripicche,
ma rimarrà simbolo per le umane pecche.”

Rimasi colpita.
Chi aveva scritto questo curioso arcano?
Una coincidenza che parlava della Torre di Babele, a cui avevo pensato durante il viaggio in carrozza?
Un attimo dopo una porta si aprì e un uomo, bellissimo, entrò nella stanza, mentre io mi voltai a fissarlo.

E voi, dame e cavalieti di Camelot, sapete risolvere questo arcano per scoprire il resto della storia?
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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