Discussione: Ardea de'Taddei
Visualizza messaggio singolo
Vecchio 30-11-2009, 01.58.22   #129
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
L'avatar di Guisgard
Cavaliere della tavola rotonda
Registrazione: 05-06-2008
Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
Messaggi: 51,903
Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
ARDEA DE' TADDEI

XLIII

“Cerbero, fiera crudele e diversa,
con tre gole carinamente latra
sovra la gente che quivi è sommersa.”
(La Divina Commedia, VI, 13)


I tre si nascosero tra gli alti alberi che racchiudevano quel piccolo fondovalle, nel quale pascolavano le pecore del marrano.
“Lì, in cima” disse Ardea “intravedo una grotta…”
“E’ la tana di quel maledetto!” Disse Giuspo, con un tono che tradiva paura e rabbia insieme.
“Devo raggiungere quella grotta!” Disse Ardea.
“Appena tenterete di avvicinarvi” esclamò Giuspo “il suo feroce cane vi assalirà!”
“Dopotutto è solo un cane…” Disse Biago.
“Anche Cerbero lo è” intervenne Giuspo “eppure nessun dannato dell’inferno penserebbe mai di fuggire!”
“Infatti noi non lo attaccheremo!” Rispose lesto Biago.
“Cos’hai in mente?” Gli chiese Ardea.
“Di liberarci di quella dannata bestia” rispose Biago “così che tu possa raggiungere quel fellone!”
“E’ utopia credere di poter far fuggire quel cane!” Disse Giuspo.
“Vedremo…”
“Insomma, cos’hai in mente?” Chiese spazientito Ardea.
“Una volta” cominciò a dire Biago “sua maestà aveva un bellissimo alano. Era robusto e fiero e nessun altro cane poteva stargli alla pari. Ma un giorno il cane accusò dei strani sintomi. Come se uno strano morbo l’avesse contagiato, rendendolo furioso e feroce. Gli stallieri decisero di abbatterlo, ma il piccolo principe, amando tantissimo quel cane, se ne rattristò molto.”
“Arriva al punto, maledizione!” Esclamò impaziente Ardea.
“Il re allora” riprese a raccontare Biago “ordinò che il cane fosse allontanato, ma non ucciso a corte. Allora uno degli stallieri adoperò un sistema adattissimo in queste situazioni, che disse di aver imparato dai nobili cacciatori normanni.”
“Quale sistema?” Chiese sempre più impaziente Ardea.
“Di fissare tra loro, tramite un foro su ciascuna” rispose Biago “due piastre di bronzo, per poi legarle sulla coda del cane! Le due piastre formano un aggeggio chiamato, in lingua normanna, Lamiera.”
“Che curioso stratagemma!” Esclamò Giuspo.
“Curioso ma efficacissimo!” Rispose Biago. “Io ero presente quando, proprio con l’utilizzo di questa Lamiera, dalla corte fu fatto fuggire l’alano del re.”
“Si, ma in che consiste questo metodo?” Chiese Ardea.
“Una volta legata la Lamiera” rispose Biago “il cane tenterà di liberarsene. Ma i movimenti della bestia faranno si che le due piastre di bronzo facciano rumore l’una contro l’altra. Allora il cane inizierà a fuggire spaventato. Il rumore renderà il cane pazzo, facendo si che non smetta mai di correre. Fino a quando, stremato, il cuore gli scoppierà.”
“Ma niente riuscirà a spaventare il cane di Tramanto!” Esclamò Giuspo.
“Quando gli avremmo legato la Lamiera alla coda allora vedrai come tenterà di tutto pur di liberarsene!” Rispose sicuro di sé Biago.
“Vi è del buono in quel che dici” esclamò Ardea “val la pena tentare!”
“Dobbiamo solo escogitare come legare la Lamiera alla coda di quella belva feroce!” Disse Biago.
“Questo sarà compito mio.” Disse Ardea. “Tu pensa come costruire la Lamiera.”
“Qui vicino vi è un vecchio mulino abbandonato” disse Giuspo “li troveremo del bronzo.”
Biago e Giuspo allora si recarono al mulino abbandonato, mentre Ardea si allontanò, prendendo la via verso il cuore del bosco.
Qui catturò un capriolo. Lo squartò e ritornò presso il luogo in cui pascolavano le pecore di Tramanto.
Dopo un po’ lo raggiunsero Biago e Giuspo.
“Abbiamo fuso le lamine di bronzo che rafforzavano le pale del vecchio mulino” disse Biago. “Ecco le nostre piastre. Credo dovrebbero fare al caso nostro.”
Allora legarono una lunga e robusta corda alla Lamiera. Poi, con prudenza, Biago e Giuspo legarono ad un albero il capriolo a testa in giù.
“L’aria fetida domina ovunque” disse Biago “spero che almeno un pò dell’odore di questo capriolo arrivi a quel dannato cane!”
Ad un certo punto, da dietro alcuni spuntoni di roccia, emerse una nera e spaventosa figura.
Era tutta ricoperta da un pelo nero e folto. Era grosso come un toro ed aveva il collo tozzo. L’aspetto ricordava quello di un grottesco cane, ma era quattro volte più grosso.
Appena annusato l’odore del sangue del capriolo, l’orrida fiera si avvicinò all’albero dove era stato appeso.
Ma, con un gesto preciso e fulmineo, Ardea lanciò la corda che si strinse con forza attorno alla coda del mostruoso Ucante.
La belva, sentitasi toccata si voltò tre volte su stessa. E a questi violenti movimenti, le due piastre della Lamiera iniziarono a far rumore.
L’orrendo Ucante tentò di scrollarsi da dosso quell’aggeggio, ma l’impeto e la rabbia, causati da quello snervante rumore, non permettevano a quella bestia di essere lucida.
E più aumentava l’agitazione e la rabbia di quella fiera, più la Lamiera faceva fracasso.
Allora Ucante iniziò a correre per la radura.
Era una corsa folle la sua; sfrenata, senza sosta. Correva in circolo nella piccola radura, spaventando il gregge e disperdendolo.
Più correva, più schiumava e ringhiava.
E quella corsa si faceva sempre più incontrollata, sempre più irrefrenabile.
Alla fine, come vinta dalla rabbia e dalla disperazione, l’orrenda fiera presa la via del bosco e corse via.
Ardea, nel vedere la bestia fuggire via, lanciò un urlo di gioia.
“Non credo ai miei occhi!” Gridò Giuspo.
“A funzionato! A funzionato!” Esultò Biago.
“Ma dove arriverà ora quel cane?” Chiese Giuspo.
“Correrà fino a quando gli scoppierà il cuore nel petto!” Rispose esaltato Biago.
“Presto” disse Ardea ai due compagni “radunate le pecore e conducetele a Caivania.”
I due annuirono.
“Io farò sì che il padrone raggiunga presto il suo cane all’Inferno!” Aggiunse Ardea fissando la cima della collina, mentre la nebbia si era fatta più fitta e l’umidità più pesante, come a voler arrugginire il ferro della sua corazza.


(Continua...)
__________________
AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
Guisgard non è connesso   Rispondi citando