Discussione: Ardea de'Taddei
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Vecchio 23-11-2009, 03.59.42   #126
Guisgard
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ARDEA DE' TADDEI

XL

“Fermati a pregare in questo
cimitero di pietra, perché è
l’ultima cosa santa che vedrai
prima di attraversare la valle
dell’Ade.”
(Il sogno funesto, III)


Dopo la cena, la pia donna pregò i suoi ospiti di restare a dormire.
“Non vorremo recare disturbo” disse Ardea “abbiamo già approfittato abbastanza della vostra cortesia. Piuttosto, indicateci una locanda per trascorrervi la notte.”
“Non vi sono più locande, né osterie né null’altro che possa dare ospitalità e riparo qui a Caivania.” Intervenne Giuspo fissando quasi ammaliato i giochi di fuoco del suo camino.
“Mio figlio ha ragione, miei signori” disse la donna “la tragedia che stiamo vivendo ha spinto chiunque ne avesse le possibilità a fuggir via.”
Ardea e Biago si fissarono per alcuni istanti.
“Allora non ci resta che accettare la vostra ospitalità.” Disse poi Ardea.
La notte trascorse lunga ed inquieta. Almeno per Ardea.
Biago, nonostante si fosse lamentato pesantemente del fetido dell’aria e di come gli impedisse di chiudere occhio, appena fu su un discreto giaciglio cadde in un sonno profondo.
Il cavaliere invece si rigirava nel letto, tra ansie, preoccupazioni ed un singolare senso di impotenza.
“Ecco perché questi miserabili non pagano più il tributo” pensava “sono delle tristi vittime di un fato atroce!”
“Cosa farebbe mio padre al posto mio?” Si chiedeva continuamente.
Ad un certo punto, seguendo il tenue bagliore della luce lunare che entrava dalla finestrella, posò lo sguardo su Parusia, poggiata a capo del suo letto.
La Luna la illuminava, generando straordinari giochi di luce colorati, frutto delle preziosissime pietre che intarsiavano quella favolosa spada.
In un momento il cuore di Ardea fu invaso dai ricordi.
Gli insegnamenti di suo padre, le loro chiacchierate, le passeggiate lungo la campagna delle Cinque Vie.
E poi il sogno di diventare cavaliere e mostrare il suo valore a quell’uomo che dal nulla lo aveva chiamato ad un destino di gloria.
Le ultime parole che Ardea udì da suo padre, il giorno della partenza verso Afragolignone, echeggiavano ora nella sua mente.
Si alzò allora dal letto, vinto dagli insopportabili pensieri ed afferrò Parusia.
La sfoderò e la mirò con attenzione.
La solida e luminosa lama sembrava risplendere di luce propria in quella inquieta notte.
“Questa spada è tutto ciò che mi resta di mio padre” disse “giuro che la onorerò a costo della mia vita!”
E così tra mille pensieri trascorse quella lenta notte.
Il gallo salutò l’albeggiare e di nuovo il Sole sorse su Caivania.
Giuspo quella mattina annunciò a sua madre che sarebbe andato allo Spiazzo delle Pietre.
Era questo un posto situato tra l’abitato di Caivania e la sua campagna.
Incuriositi, anche Ardea e Biago chiesero di vedere quel luogo.
Appena giunti, Giuspo mostrò loro dei piccoli tumoli di pietrisco posti l’uno accanto all’altro.
Ad occhio se ne potevano contare più di un centinaio.
“Cosa sono questi tumoli?” Chiese Ardea.
“Sono ciò resta dei martiri di Caivania.”
“Ciò che resta?” Ripetè stupito Biago.
“Si” rispose Giuspo. “Non abbiamo tombe su cui piangere i nostri morti. E questi tumoli furono eretti in loro ricordo. Tramanto può toglierci tutto, compresa la vita, ma non il ricordo dei nostri cari.”
“E non vi è un luogo in cui giacciono i corpi dei vostri morti?” Chiese Biago.
“Non su questa terra.” Rispose Plino. “Essi marciscono nelle immonde viscere della feroce belva di quel mostro.”
Detto ciò, Plino si chinò a terra e con delle pietre formò un altro piccolo tumolo, in memoria del suo amico Plino.
I tre, in quel doloroso luogo, vivevano stati d’animo differenti: disperazione, paura, rabbia. E così fu per gran parte di quel giorno che trascorsero tra quelle anonime pietre.
Ma quando il giorno morente iniziò a cedere il posto al crepuscolo, il silenzio di quell’austero luogo fu squarciato da un terrificante e delirante ululato.
Giuspo nell’udirlo si portò le mani sulla testa e iniziò a piangere di rabbia e disperazione.
“Quale aborto della natura può generare un simile verso?” Gridò Biago.
Ma tutti e tre conoscevano bene la risposta a quella domanda.
E per un momento il perenne fetido dell’aria fu coperto da un intenso odore di sangue e di morte.


(Continua...)
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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