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Vecchio 19-02-2013, 02.00.55   #106
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Il paggio sorrise a Clio.
“Si, milady...” disse “... noi siamo liberi dai dettami della Chiesa e dei suoi vassalli. E' stato l'Arconte Meccanico a liberarci da quel crudele giogo. Lui ha annullato i dogmi di quella Fede che loro professano come unica e vera. Mi chiedete in cosa crediamo, milady? Crediamo negli uomini. Nelle loro capacità. E gli uomini devono essere liberi per godere dei doni che la natura ha offerto loro. E' con assurde paure che la Chiesa Romana ha tenuto legati a sé gli uomini di ogni epoca. Come la paura del peccato e quella della dannazione eterna. Ma non esiste nulla del genere. L'uomo deve vivere libero, senza aver paura di contraddire i dogmi di un Dio geloso e severo. Vivere al meglio questa vita, senza vincoli o timori vari. E dopo di ciò, spegnersi in pace, senza rimpianti. Perchè oltre questa vita non esiste nulla.”



A quelle parole del paggio, la civetta meccanica Yay volò via per il ponte.
Per poi scendere accanto al posto dove era seduta Elisabeth.
Il veliero volante continuava il suo viaggio fra le nuvole, mentre tutto ciò che si trovava in basso appariva piccolo e indistinto.
Yay osservava Elisabeth, fissandola con i suoi occhi grandi.
E in essi, la donna vedeva riflesso l'immenso cielo che avvolgeva ogni cosa intorno a lei.
Ma poi, all'improvviso e solo per un vago momento, Elisabeth negli occhi di quel buffo animale di ferro intravide qualcosa.
Come una sagoma, poi un volto.
Era una donna.
Una donna dallo sguardo indefinito e infinitamente malinconico.
Poi il riflesso del cielo negli occhi vitrei della civetta cancellò quell'immagine.



Nel frattempo, Vivian e Altea osservavano le meraviglie di quel viaggio.
Il cielo infinito e la terra lontana sottostante.
“Come sarà Stant'Agata di Gothia?” Chiese Vivian ad Altea. “Io immagino somigli ad una grande città gotica... con guglie, chiese e palazzi altissimi. Stendardi nobiliari, stradine lastricate ed intrecciate e tante piazze ornate di statue e fontane regali. Immagino una città pullulante di nobili cavalieri e dame bellissime. Cavalli bianchi, corazze argentate e armi luccicanti. Si, deve essere il posto più bello del mondo.” Sospirò.
Alte nuvole avvolgevano l'orizzonte, intrise di mille e più bagliori.
Rosati, rossastri e vermigli, si confondevano con ogni screziatura di bianco, fino a raggiungere l'argento delle nuvole più lontane.
Giganteschi banchi nuvolosi naufragavano ai limiti del cielo, che grazie a giochi di chiaro scuro parevano generare città lontane, sospese nella Volta Celeste.
Poi, d'un tratto, quelle immagini divennero reali, liberandosi di tutti quei riflessi fiabeschi.
E così, sul fare del mattino, i raggi del Sole trassero sfolgoranti bagliori da quelle nuvole, che per incanto mutarono in cupole, torri, palazzi.
A ridosso di una massiccia e alta rupe, quasi galleggiante in una fitta selva, apparvero le maestose mura di una città dai tratti incantati.
Una città sterminata che da sola sembrava riempire lo spazio infinito che corre fra i monti che circondano l'orizzonte.
Una città dai colori mutevoli, al servizio del riverbero senza fine del Sole.
E nel cuore della selva, ad ulteriore protezione delle sue titaniche mura, scorreva un fiume dal corso burrascoso e dal letto vasto, racchiuso da due fitte e larghe cordigliere di granito.
Un fischio allora si udì dagli alberi del veliero volante.
Era il segnale di arrivo.
L'arrivo a Sant'Agata di Gothia.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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