Cittadino di Camelot
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03. London Eye
Bevis appoggiò il bicchiere sul bancone di legno massiccio e girò sullo sgabello fino a poter vedre la porta del bar ed appoggiarsi allo stesso bancone.
"Allora, Bevis, come ti sembra come posto?" gli chiese Mark, amico di vecchia data e da tempo noto gay abitante di Londra.
Bevis e Mark si erano conosciuti da bambini ed erano cresciuti assieme in Scozia. Come spesso accade, si erano persi di vista ed era stata una sorpresa per Bevis quando, eppan trasferito a Londra per il suo nuovo lavoro di guardia giurata, aveva scoperto che anche Mark viveva a Londra, con il suo compagno.
"Gay," ridacchiò Bevis, tornando a prendere il bicchiere, ora di nuovo pieno.
"Ma tu sei gay," lo rimbrottò Mark.
"Nei tuoi sogni, forse."
Bevis non era mai stato attratto dagli uomini. In realtà non era mai stato particolarmente attratto nemmeno dalle donne. La sua vita era troppo complicata per una cosa banale come l'amore.
Oh no, non banale. L'amore aveva fatto cadere il regno, il mondo.
Da sempre, Bevis aveva saputo di essere diverso. Vedeva cosa che gli altri non potevano vedere, vedeva un mondo che era stato un tempo ed ora non più.
Sapeva cavalcare senza bisogno di corsi di equitazione, e sapeva combattere. Aveva il sangue freddo di un guerriero che aveva ucciso molti uomini per il proprio re.
A nessuno aveva mai parlato di tutto ciò perché sapeva bene cosa accadeva a chi lo faceva. Veniva creduto pazzo e lentamente impazziva davvero.
Bevis, un tempo sir Bedivere, ufficiale delle guardie di Camelot, aveva vissuto senza sapere bene perché si trovava lì o come era morto dopo Camlann, forse era invecchiato e poi era scomparso. Così aveva deciso di vivere una vita normale.
Si era diplomato con voti decenti, si era trovato un lavoro come cameriere e poi, dopo la morte del padre, aveva deciso di diventare una guardia giurata, come lui.
Non c'era motivo per crucciarsi su altre vite che erano ormai irraggiungibili.
Ma qualche notte si svegliava con le lacrime agli occhi, sentendosi terribilmente solo, abbandonato, nostalgico del suo amato re ed amico, di sir Kay l'uomo sempre pronto a mietere vittime con una battuta acida, di Ginevra, la bella regina dall'aria timida e persino di Morgana, doppiogiochista ed imprevedibile.
"Nei miei sogni no, grazie, apprezzo la tua offerta, però," sorrise Mark. "Troppo moro per i miei gusti e troppo alto."
"Troppo alto?" ridacchiò Bevis, inarcando le sopracciglia.
"Guardati attorno almeno."
Bevis fece spallucce. Non che avesse molto altro da fare, a parte bere. Così si guardò attorno.
Uomini e donne, la maggior parte dei quali, come lui, stavano sondando il terreno e le persone.
"Maledetto, mi hai portato in un bar per farmi rimorchiare. In un bar gay," rnghiò scherzosamente Bevis.
Un uomo, dall'altra parte della sala, gli fece un occhiolino e sollevò il proprio bicchiere, in segno di saluto. Bevis si sentì arrossire leggermente e distolse lo sguardo che cadde sui salottini a destra del bancone.
C'era un uomo, su uno dei divanetti. Era un uomo particolare, alto, capelli rossi e viso pieno di lentiggini. Non era bello, solo particolare.
L'uomo alzò i propri occhi verdi su di lui e lo guardò.
Fu un attimo. Forse non fu nulla ma il rosso si alzò di scatto ed iniziò a farsi strada nella folla, verso di lui.
"Chi è quello?" chiese Bevis all'amico Mark, frettolosamente.
"Quello chi?"
"Quello rosso!"
"Ah, quindi hai fatto colpo."
"Dannazione, Mark-" ma Bevis fu costretto a bloccarsi perché lo sconosciuto lo aveva ormai raggiunto.
E dei, se non era uguale a lui.
"Ciao," lo salutò il rosso ed il suo volto era sconvolto quasi quanto quello di Bevis.
"Salve, io- Bevis," si presentò, porgendo la mano.
L'altro sembrò aggrottare le sopracciglia per la delusione e la confusione e portò lo sguardo sulla sua mano, prima di afferrarla.
"Kai."
"Nome strano," si intromise Mark, prima di presentarsi.
"Mia madre era scandinava," spiegò Kai.
Kai, pensò Bevis, Kai, non può essere eppure è.
"Mia madre è scozzese," esclamò improvvisamente Bevis, "avrebbe voluto chiamarmi Bedivere."
L'espressione di confusione e delusione sul volto di Kai scomparve in un istante.
"E' un bellissimo nome," gli rispose, sorridendo.
Ed il sorriso era lo stesso, con i canini un po' aguzzi e le labbra sottili.
Lo stesso sorriso che aveva quando sir Kay era siniscalco di Camelot ed amico di Bedivere.
"Lo stesso," sussurrò Bedivere, sorridendo a sua volta.
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