Andai volentieri a quello che sarebbe stato il mio vero posto, lasciandogli quello di guida.
Partimmo, e io finsi dapprima indifferenza, osservando il panorama intorno a noi, mentre con la coda dell'occhio controllavo i parametri a cui andava la macchina, memorizzandoli di volta in volta.
Lo guardavo di sottecchi, mentre i suoi occhi restavano saldi sulla strada.
Il suo sguardo, la sua espressione, poteva negarlo quanto voleva, ma quei piccoli gesti mi dicevano che guidare faceva scattare qualcosa in lui, qualcosa di recondito e unico.
Quel qualcosa che Iasevol cercava e che io non avrei mai potuto dargli, nemmeno con tutti gli aggiornamenti del mondo.
Qualcosa di incredibilmente umano, innato quasi... passionale.
Poi quelle parole, quella domanda su che cosa avevamo intenzione di farci.
"Delle gare?" risi piano "Tu pensi troppo in piccolo, signor non-sono-più-un-pilota..." sorridendo.
Poi si corresse, e io annuii.
"Esatto, non è una semplice auto da corsa, è molto di più..." sfiorando dolcemente il bracciolo accanto a me con un sorriso vagamente malinconico "Mio padre aveva grandi progetti su di lei..".
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