Cittadino di Camelot
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Inquietante XD dietro di me.
Però vi ringrazio davvero : D
02. Il figlio
Una storia d'amore segreta dura solo fino ad un certo punto. Questo Ninette lo sapeva bene e sapeva anche che era giusto così.
Nina Rochelle, detta Ninette, aveva trentadue anni ed era vedova ma già da un anno e mezzo frequentava un nuovo amore, all'insaputa del figlio.
Una qualsiasi donna normale avrebbe fatto conoscere l'amante al figlio e viceversa, avrebbe aperto la propria famiglia al mondo.
Ma Ninette non era normale e non era sempre stata Ninette. Per ragioni che ancora stava studiando, come professoressa di filosofia e lettere, Ninette era stata qualcosa di molto altro prima di questo tempo.
Era stata molte cose.
Una guerriera, in un tempo in cui le donne erano al dominio, una regina, di un regno caldo ed assolato, la sabbia che si librava nell'aria e poi una sacerdotessa dell'isola di Avalon.
Era stata dama Nimue, moglie di Pelleas, allieva di Merlino e consigliera di Artù.
Ed ora era solo Ninette, la donna che aveva perso il marito in un incidente d'auto, che insegnava in una scuola superiore e che adorava collezionare ceramiche danesi.
Fortunatamente non era sola a ricordare quello che era e non sarebbe mai stato.
Alla morte dell'amato marito, Ninette aveva promesso che non si sarebbe mai più innamorata ma Lance le aveva fatto cambiare idea.
Lance era arrivato un giorno di settembre, su un'auto sportiva, portando con sé sua nipote a scuola.
Ninette stava leggendo un libro su se stessa, cosa che trovava molto ironico, e stava fumando, sorridendo delle sciocchezze su un amore fra Nimue e Merlino che quell'autore narrava.
"Zio Lance, ti prego, ricordati di venirmi a prendere," aveva detto la ragazzina, Ameliè.
"Così poca fiducia nelle mie capacità," aveva sospirato Lance e Ninette aveva alzato lo sguardo, sorpresa e sconvolta.
La sigarette le era caduta dalle dita, bruciandole leggermente il polso ma lei non si era accorta di nulla.
"Buongiorno professoressa Rochelle," l'aveva salutata Ameliè, prima di entrare.
Lance l'aveva guardata e lei aveva guardato Lance.
"E dunque siete arrivato fino a qui. Francia, ventesimo secolo."
"Vengo da Parigi, lavoro là, sono solo di passaggio."
"Ottuso come sempre, sir Lancillotto."
Lance aveva sorriso.
"Non posso certo andare in giro ad accusare professoresse di essere antiche sacerdotesse forse mai esistite."
"Mi offendo, messere, sono sicura di essere esistita."
"Ah, sì, lo sono sicuro anch'io, lady Nimue."
"Ninette, oggi."
Lance aveva annuito.
"Pensavo di essere solo," aveva ammesso, qualche minuto dopo, avvicinandosi a lei e sedendosi su un muretto diroccato.
"Non lo siete. Non lo sei, scusami, la forza dell'abitudine. Siamo in tanti, forse non tutti."
"Ne hai trovati altri?"
"Certo. Ma non qui e non è necessario ritrovarsi."
Lance aveva gettato uno sguardo sul libro che la donna stava leggendo.
"Avete i capelli più biondi di ciò che ricordavo," aveva detto, prima di tornare a guardare il tomo, "non li leggo mai. Non mi piace quello che dicono di me. E di Ginevra."
"Ma è vero."
"E' accaduto solo una volta. Solo una ed è stato un errore per tutti. Ma ogni libro la racconta in modo diverso."
"E' una storia ora, non la storia."
Era calato il silenzio, per qualche minuto.
"Bhè, Lance," aveva esclamato infine Ninette, chiudendo il libro e mettendolo nella borsa, "hai un domicilio al quale ti posso venire a prendere questa sera alle sette?"
Lance effettivamente aveva un domicilio.
I due si erano ritrovati ed avevano iniziato ad uscire assieme. Ristorante o cinema o anche solo il parco. Inizialmente per parlare, per rivangare tempi più vecchi dei vecchi tempi e per non sentirsi soli.
Finché un giorno accadde ciò che pensavano impossibile ed improbabile.
Lady Nimue di Avalon, donna pura e forte, e Lancillotto, cavaliere che mai l'aveva guardata come qualcosa di diverso da una strega, si erano innamorati. Nessuno dei due si soffermò a chiedersi se sarebbe accaduto anche ad Avalon e Camelot o se era un amore destinato solo al ventesimo secolo.
"C'è un motivo se ancora non mi hai portato a casa tua?" domandò una sera Lance, mentre i due guardavano un film, accoccolati sul divano.
"E non dirmi che sei una disordinata cronica, per favore," scherzò l'antico cavaliere.
"Nessun disordine. Sono piuttosto ordinata. Si tratta di mio figlio."
Lance annuì. Ninette gli aveva detto di avere un figlio dell'età di sedici anni. Non era il suo figlio di sangue ma un ragazzo che lei ed il suo precedente marito avevano adottato quando il bambino aveva otto anni.
"Temi che non possa accettare la minaccia di una figura maschile?"
"No, non penso che se la prenderebbe. Sarebbe sospettoso, forse, all'inizio. Non ha mai avuto figure maschili particolarmente gentili prima di arrivare da noi."
"Lo sai che non gli farei mai del male, vero?" la interrogò Lance, sollevandosi su un gomito per osservare negli occhi Ninette.
"No. Non lo so. O forse sì, è che è complicato."
L'uomo le prese il volto fra le mani.
"Vorrò bene a questo ragazzo perché tu lo ami come un figlio. No, perché è tuo figlio."
"So che mi ami Lance e so che io amo te ma lui non ti amerà. Sarà terrorizzato, tu non capisci. Con quello che è accaduto-"
Lance la bloccò prima che la donna potesse continuare nelle sue preoccupazioni.
"Non farò nulla che possa ricordargli la sua prima famiglia in cui è stato. Devi solo dirmi come."
"Non è solo quello," insis***** Ninette, staccandosi dall'altro. Aveva bisogno di esporre i fatti in modo chiaro ma aveva paura. Anche lei poteva avere paura.
"Ho paura di perderti e così facendo non ti sto dando fiducia, lo so, ma temo che tu possa andartene quando lo conoscerai. E temo di perdere anche lui."
Fu quello il momento in cui Lance capì.
"Chi è? Dimmi chi è, Nimue."
"Si chiama Mortimer. Morty."
"No, dimmi chi è davvero."
"E' Mordred."
Lance pensò di aver capito male, di aver frainteso.
Una parte di lui aveva sempre pensato che queste reincarnazioni fossero il premio di una seconda vita dopo le tragedie della prima ma mai avrebbe pensato che anche Mordred fosse lì, con loro.
Non che avesse mai conosciuto particolarmente il ragazzo. Sapeva che era giunto a Camelot in gran segreto ed era il figlio di Artù e la sorella Morgause e del loro immaginabile ed abominioso incesto.
Mordred era sempre stato strabico da un occhio e le persone consideravano quel difetto come il marchio del diavolo impresso sul bambino.
Lancillotto non aveva mai dato particolari attenzioni a Mordred fino al giorno in cui lui andò da Artù a dire al padre di ciò che Ginevra e lui avevano fatto.
"Mordred ci ha traditi. Lui mi ha costretto a fuggire."
"Mordred non era solo ma tutti sembrano ricordare solo lui. Agravaine era con lui, così come Bedivere e Gawain, che credevano di fare del bene. Ma tutti si ricordano solo di Mordred perché era destinato a fare del male fin dalla nascita, a causa di come era nato."
"Lui è passato al nemico."
"Artù l'ha cacciato dalla corte per aver detto la verità e lui è fuggito dove ha potuto. Non ha ucciso suo padre, se è questo che ti preoccupa ed il padre non ha ucciso lui."
Lance s***** in silenzio, nel tentativo di acquisire queste nuove informazioni. Tutto ciò che aveva saputo al suo ritorno a Camelot, dopo la fuga in Francia, era che ormai era troppo tardi.
Mordred aveva tradito il re, se ne era andato e si era unito ad una fazione di re ribelli. Infine Artù e Mordred avevano combattuto a Camlann uccidendosi a vicenda.
Il pensiero che nella realtà Artù non fosse stato costretto ad uccidere il figlio sollevò dall'animo di Lance un peso che lui riconobbe subito come colpa.
"E' stata anche colpa mia."
"Sì, e mia. Di tutti. E di Mordred, è vero. Ma ora è un ragazzo."
"Forse gli dei l'hanno mandato qui per essere punito per le sue malvagità, forse la famiglia in cui è finito serviva per-"
Lo schiaffo risuonò potente nell'aria ed il volto di Lance venne colpito violentemente e senza alcun dubbio.
"Non osare mai più parlare così di mio figlio."
"Ninette, perdonami, scusami. Io- volevo solo-"
Uno sguardo degno di dama Nimue gli fece capire che sarebbe stato meglio se fosse stato zitto.
"Perdonami. Hai ragione," ammise infine Lance.
"Bene. Ho bisogno di tempo per riflettere, se non ti dispiace. Ti chiamo io."
Passarono due giorni prima che Ninette chiamasse di nuovo Lance e gli chiedesse di vederla ancora.
Lance accettò senza indugio, felice che la donna l'avesse perdonato.
I due parlarono nuovamente di Mordred e Ninette ammise che tenere Lance nascosto era un comportamente vergognoso sia per Lance che per Morty.
"Penso che tu debba conoscerlo."
"Non so se sono pronto."
"Lo sarai, è un bravo ragazzo. Ha bisogno di una figura paterna."
L'incontro fu fissato per il giorno dopo. Troppo tardi per i gusti di Ninette e troppo presto per quelli di Lance.
Per la prima volta, Lance poté entrare in casa di Ninette e fu con un misto di delusione e divertimento che trovò una casa con il mobilio più moderno possibile e con ampie vetrate addobbate di edera.
"Appassionata di fiori?"
"Morty, lo è. E ti prego, non chiamarlo Mordred, non gli piace. Morty andrà bene, o Mortimer."
Con il cuore in gola, Lance seguì Ninette fino alla cucina e lì, seduto al tavolo di vetro e metallo ambrato, trovò il ragazzo.
Era più basso di come lo ricordava e molto meno robusto. Indossava un'aria nervosa e si stava strappando alcune pellicine dal labbro.
Quando li sentì entrare alzò lo sguardo su di loro e Lance vide che aveva i capelli più scuri, neri, ed anche gli occhi scuri dove un tempo erano stati castano chiaro.
L'occhio strabico era ancora lì, segnato, poco sotto da una macchia di bruciatura.
Mordred, Morty, lo fissò con attenzione e cautela quando lui si sedette di fronte.
"Ragazzi, vi porto qualcosa da bere? O forse sarà meglio che vada a dar da bere alle piante. Così potrete instaurare una tregua relativamente pacifica ed io non ne dovrò sapere nulla," scherzò Ninette, prima di uscire e lasciarli soli.
"Bene, sir Lancillotto, non siete cambiato, mi sembra," sorrise Morty, appoggiandosi allo schienale della sedia.
"Lance, mi chiamo Lance. Tu sei diverso. O è tinta quello che vedo sui tuoi capelli?"
"No, sono miei, Lance."
Il silenzio imbarazzato non tardò a cadere.
"Cos'hai fatto alla faccia?" chiese infine Morty, indicando un livido sul volto dell'altro.
"Tua madre mi ha schiaffeggiato."
Monty aprì la bocca sorpreso e rise.
"Dei del cielo, te lo devi essere meritato allora. O era un qualche tipo di giochino erotico?" sorrise maliziosamente il ragazzo.
Lance arrossì e decise di ribattere con un'altra domanda, a disagio per la situazione in cui il sedicenne lo aveva messo.
"E tu cos'hai fatto? Sotto l'occhio, intendo."
"Il signor Morel credeva che fosse divertente bruciarmi la faccia con una sigaretta."
Lance aprì la bocca per chiedere chi fosse questo signor Morel ma non vi riuscì ed in fondo sapeva già la risposta
"Mi dispiace."
"Dopo quello che ti ho fatto?"
"Ascoltami, Morty, è stato in un'altra vita. Letteralmente. E la colpa non fu solo tua. Eri il più giovane e noi eravamo vecchi. Fu colpa mia e di Ginevra, di Artù, di Merlino e delle sue mezze profezie, dei suoi inganni. Fu colpa di tutti."
"Che cosa hai fatto per farti schiaffeggiare da Ninette?" chiese Morty, ignorando il suo discorso.
Lance decise di non mentire. Decise che non voleva mentire a Mordred, il ragazzo a cui tutti avevano mentito, il ragazzo che tutti avevano manipolato.
"Ho detto che ti eri meritato ciò che ti è successo prima che Ninette ti adottasse."
Morty annuì ma Lance vide con chiarezza il deglutire del ragazzo.
"E' stata una sciocchezza. E me ne vergogno. Non lo credo davvero."
Morty rise. "Lancillotto che si vergogna, c'è una prima volta per tutte."
"Lance è una persona che sa di cosa vergognarsi."
"E Morty è una persona che sa quando fermarsi," ammise Mortimer, senza guardarlo negli occhi.
"Allora, devo avere anch'io il pollice verde per frequentare tua madre?"
"Per gli dei, non ti avvicinare alle mie piante. E già che ci sei, se vedi Ninette che prova a potarle, fermala."
Lance annuì e per la prima volta vide Mortimer.
Con il suo occhio strabico, la bruciatura, il braccialetto rosso con il proprio segno zodiacale, il cellulare appoggiato sul tavolo ed una casa piena di fiori e piante.
"Non sarai gay?"
"Lo scoprirai solo vivendo," sorrise Mortimer, inarcando un sopracciglio. "E se fai soffrire mia madre ti do in pasto alle mie piante carnivore."
"Lance, si può sapere cosa stai facendo?" domandò Ninette, entrando nella camera del fidanzato.
Dopo aver conosciuto Morty, ormai sei mesi prima, Lance si era trasferito in città, in un piccolo appartamento accanto alla scuola in cui lavorava Ninette.
Al momento, l'uomo si trovava chino su una scrivania, al suo computer, a mandare email e la situazione non era cambiata da almeno un'ora.
Ninetta aveva guardato un film e poi, incuriosita, l'aveva raggiunto in camera.
"Ti ricordi di Flavien?"
"Il tuo amico nella polizia, giusto? O quello che si ubriaca sempre il sabato?"
"No, è il poliziotto. Io e lui abbiamo cercato informazioni su Gabin Morel. Ninette, prima che tu possa arrabbiarti, sappi che non volevo intromettermi ma solo fare qualcosa."
"E?"
"Ed ha trovato altri due ragazzi in affidamento da lui. L'ha arrestato."
Ninette rimase immobile, rigida, accanto alla sedia dell'amante.
"Sei arrabbiata?"
"Perché l'hai fatto?"
"Me lo stai chiedendo davvero? Dopo quello che quel bastardo ha fatto a Morty."
"Morty lo sa?"
"No, e non sono sicuro di volerglielo dire. Non ora."
Ninette annuì e sorrise, appena.
"Sei un brav'uomo, Lance. Questa parte di te è sempre rimasta la stessa."
Detto questo, si chinò su di lui e lo baciò.
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