Quei selvaggi erano come sotto l'effetto di un'estasi avvolgente, simile ad una sorta di magia collettiva, ballando e urlando come ossessi.
Gaynor fu portata davanti ad una donna completamente stravolta da chissà quale sostanza allucinogena, che pronunciava parole incomprensibili con la bava alla bocca e gli occhi completamente bianchi.
Poi bagnò il volto della bionda diva con la sua saliva e tutti gli indigeni esultarono.
Allora Gaynor, sempre su quella primitiva brandina, fu portata davanti alle monumentali palizzate che aveva visto in precedenza con i suoi amici.
Una monumentale porta fu aperta da decine e decine di selvaggi grazie a corde lunghe e spesse.
La ragazza così fu portata oltre quella titanica soglia e poi gli indigeni andarono via richiudendo la porta, lasciandola sala in quello scorcio dimenticato della foresta, come se fosse il solenne tributo, l'orrendo sacrificio, il terribile pasto di qualche oscura divinità pagana.