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Vecchio 27-06-2016, 05.00.35   #431
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Capitolo II: Il fiore e la spada

“E di fronte allo specchio, Scaramouche, si inchinò al proprio riflesso.”

(Rafael Sabatini, Scaramouche)



La cantina, quasi una stanza segreta, nascosta oltre la cisterna e la fossa biologica, accessibile solo attraverso una stretta e consumata serie di scalini di pietra, chiudeva la labirintica struttura sotterranea del castello.
Un luogo posto in profondità, umido e silenzioso, celato e protetto da due arcate murate ad una parete di mattoni.
Il professore gliene aveva parlato dopo un pomeriggio di studi, nel cortile dell'accademia tempo fa.
Ora quel biglietto, così improvviso, enigmatico, inquietante.
Il ragazzo arrivò poco prima dell'alba, quando il castello era ormai buio e silenzioso.
Scese nei sotterranei e come un novello Teseo trovò dopo un po' l'accesso alla cantina.
E lì lo vide.
“Professor Nigros...” disse trovando l'uomo a terra, privo di conoscenza e con chiari segni da colluttazione “... professore!” Chinandosi su di lui e cercando di farlo rinvenire.
“Ra...” aprendo gli occhi l'uomo “... ragazz... ragazzo mio...”
“Non sforzatevi, professore...” lui “... ora vi porterò fuori da qui, avete bisogno di cure...”
“No... n... non... c'è tempo...” a fatica il professore “... a... ascoltami... ti prego... sono anni che lavoro ad una nuova... una nuova lega...” sforzandosi “... un materiale... capace... di tagliare... di tagliare ogni superficie... sono riuscito ad ottenerlo... forgiando... forgiando una spada... unica ed indistruttibile...”
“Chi vi ha ridotto così?” Chiese il ragazzo.
“Ascolta...” mormorò l'uomo “... la cercavano... la... la volevano...”
“Chi?”
“Loro...” a stento il professore “... volevano la spada... M... Mia... Mia Amata... ma non ho ceduto...”
“Chi erano?” Fissandolo con i suoi occhi azzurri il ragazzo. “Chi erano?”
“La...” con le ultime forze l'uomo “... la banda... degli... degli... Ill... Illuministi... ci... volevano... la spada...” gli strinse la mano “... giura... giura... che la custodirai... e che... dife... difenderai... il nostro mondo... i... nostri valori... da quei... f... folli... criminali... giura...”
“Lo giuro...” in lacrime lui “... lo giuro...”
“Ne... nella parete destra...” con un fil di voce il professore “... il... tre... tredicesimo m... mattone... della... della nona... fila... è... è vuoto... rompilo... troverai... la spada... va... ora... posso... morire in pace...” e morì, tra le lacrime e la rabbia del ragazzo.
Dopo un po', si alzò, raggiunse la parete e trovò, seguendo le indicazioni del professore, il mattone vuoto.
Lo ruppe e dietro scovò una piccola nicchia.
In essa erano conservati uno strano fiore di metallo solidissimo ed un libello, firmato da un misterioso Illuministico.
Comprese allora che quello era il testamento spirituale del professor Nigros.
Il libello di un folle e visionario criminale, insieme alla spada per poterlo fermare.

Quel ricordo lontano fu interrotto dalla risata falsamente ingenua della donna, che continuava a fissarlo standosene con la mano su quella di suo marito.
Quel giovane uomo infatti aveva da subito attirato l'attenzione della bella moglie di Anglars, uomo di robusti affari ora interessato alle armi prodotte dalla famosa Taddeus e che aveva portato con sé la propria coniuge.
“La Taddes” disse Anglars “è rinomata per la qualità delle sue armi. Capirete dunque che la sicurezza è la cosa più importante per chi come me governa uno scoglio in mezzo al mare, in balia di pirati e contrabbandieri.”
“Perfettamente, signor Anglar...” annuendo il giovane uomo dagli occhi azzurri e l'aria a metà tra l'insoddisfazione e l'indifferenza “... io non potrei mai vivere in un'isola sperduta tra acque internazionali, a metà tra Occidente ed Oriente... capirete dunque la mia sorpresa sul fatto che una donna tanto affascinante come vostra moglie abbia scelto di seguirvi in quell'angolo di mondo così selvaggio...” annusando il suo fazzoletto di Batista intriso di profumo.
“Cosa volete che vi dica, messere?” Sorridendo la donna, mentre agitava il suo ventaglio piumato. “Per Amore si segue il proprio uomo in capo al mondo.” Con uno sguardo che in realtà diceva tutt'altro. “Ma piuttosto... sono dicerie ciò che si legge sui giornali?”
“Per principio non leggo mai i giornali, se non per sorprendermi e divertirmi.” Il giovane. “A cosa dunque vi riferite, madama?”
“Che abbiate speso in un solo anno la fortuna di un principe per costruire quel cannone?” La donna a lui.
“Infatti, madama...” sorridendo lui “... ho speso molto di più... e avendo visto il cannone ne cmprendete il motivo...”
“Eh, immagino siano finiti i tempi in cui un uomo dava via il suo patrimonio per conquistare una donna...” annoiata lei “... oggi credo sia più redditizio spendere denaro per acquisire altra ricchezza e fama...”
“L'esperienza mi insegna, madama, che donne ed armi sono diversissime fra loro...” il ragazzo dagli occhi azzurri “... le prime infatti hanno come caratteristica principale l'instabilità, cosa questa invece che sarebbe inaccettabile per la funzionalità delle seconde...”
“Non pretenderete di poterci usare come fate con le armi, spero?” Divertita lei.
“Sapete benissimo, madama, che in realtà siete voi donne che usate noi.” Replicò lui.
“Ah, questa è bella!” Esclamò Anglar. “Di certo io so come trattare le armi, cosa invece che ignoro riguardo le donne!” Ridendo.
“Io sono certa che non vi siete mai davvero innamorato, messere...” ignorando suo marito la donna “... mentre invece scommetterei qualunque cosa che ne avete fatte innamorare molte... vero?”
“Vedete, madama...” candidamente il giovane proprietario della Taddeus “... per voi donne innamorarsi è una necessità, un bisogno... vi è indispensabile per sognare la felicità... un uomo invece aspira al massimo soltanto alla tranquillità.”
“Naturalmente.” Annuì lei. “Noi donne siamo romantiche, mentre voi uomini solo cinici.”
“Preferisco definire voi donne poesia e noi uomini prosa.” Fece lui.
“Interessante dicotomia.” Lei. “Ma è praticamente ciò che ho detto io.”
“Infatti non mi sognerei mai di sconfessarvi, madama...” ridendo piano lui “... vi amo troppo per farlo.”
“Voi mi amate?” Civettuola lei. “Avanti, vi prendete gioco di me... io credo che uomini come voi siano incapaci di amare.”
“Perchè mai?”
“Perchè siete troppo ricco ed affascinante, messere.”
“Ahimè, vi rivelerò che sono affetto da una misteriosa e romantica patologia...” guardando dal finestrino della carrozza lui “... si, la nota Sindrome di Lancillotto...”
“Sarebbe a dire?” Incuriosita lei.
“Un morbo che mi porta ad amare ogni donna che salvo...”
“Voi non mi avete salvata, messere.”
“Credete?” Divertito lui. “Eppure il mio cannone renderà il castello di vostro marito una fortezza inespugnabile.”
“Si, ne sono certo.” Disse Anglars.
“Rammentate, amico mio...” il giovane ricco “... l'arma migliore è quella che si usa una sola volta... come il Cavallo di Troia ed il cannone dei Turchi che prese Costantinopoli.”
La carrozza si fermò.
“Eccoci giunti.” Anglars. “Quando mi farete recapitare il mortaio?”
“Massimo fra una quindicina di giorni.” Rispose il giovane uomo.
“Bene.” Sorridendo l'uomo.
Allora il giovane salutò lui e baciò la mano di lei, per poi saltare giù dalla carrozza che ripartì subito.
Rimasto solo, un calesse spuntò dalla vegetazione guidato da un uomo anziano.
“Ehilà, Bafon...” avvicinandosi il giovane.
“E' andato a buon fine la vendita?” Chiese il vecchio.
“Certo, ne dubitavate?” Salendo sul calesse il giovane, tradendo un'agilità non comune.
“Affatto, capo.” Scuotendo il capo il vecchio. “Direi di partire subito. Stasera ci sarà l'inaugurazione e tutti non aspettano altro che di vederti... vedere il famoso Guisgard de' Taddei.”
“Allora non facciamoli aspettare.” Guisgard cogliendo un fiore.
Ed il calesse partì.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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