Tornai alla locanda, e la bloccai per altre due notti, che non si poteva mai sapere dove mi avrebbe portato il destino, ma sicuramente mi serviva un tetto sopra la testa.
E a quel prezzo, era sicuramente un ottimo tetto.
Aprii così la mia stanzetta, e mi lasciai cadere sul letto, restando immobile ad osservare il soffitto per un lunghissimo istante.
Il tramonto che si intravedeva dalla finestra mi ricordò che mancava poco all'inaugurazione.
Sospirai, sorridendo, l'idea della festa mi piaceva, anche se ero un po' preoccupata.
Avrei saputo come comportarmi in un'occasione così formale?
Lo sperai vivamente, perché dovevo assolutamente scoprire qualcosa di più sul mio passato, e forse le persone presenti a quella festa avrebbero potuto aiutarmi, se poi erano tutti disponibili come l'uomo con cui avevo parlato quella mattina, ero in buone mani.
Decisi di dedicarmi alle cose importanti, ovvero tirar fuori il vestito dal pacchettino che mi aveva fatto il negoziante.
Lo presi delicatamente, e lo appesi all'armadio, restando per un istante a guardarlo, soddisfatta.
Avevo avuto proprio una bella idea.
Nel vedere un manichino mi ero resa conto di non avere gioielli, né soldi per comprarli.
Così lo sguardo mi era caduto su quello accanto.
In quel momento decisi che sarebbe stato l'abito stesso ad essere il gioiello, non tutto o sarebbe stato troppo, più di quanto potessi permettermi ma anche più di quanto volessi indossare.
Dopotutto non volevo mettermi in mostra, dovevo solo essere all'altezza della situazione, dove le dame dell'aristocrazia avrebbero sfoggiato i loro abiti migliori.
Dunque non dovevo sembrare fuori luogo ma nemmeno sembrare una donna frivola che ama mettersi in mostra.
Infondo avrei dovuto parlare con esperti di armi, e non volevo dar loro una cattiva impressione.
Il negoziante aveva parlato del mio candore, forse voleva dire pallore, pensai sorridendo guardandomi allo specchio.
Ad ogni modo, l'avevo trovata una definizione calzante, sì, era proprio quello che volevo portare con me.
Ecco perché avevo scelto il bianco.
E quell'abito racchiudeva proprio ciò che cercavo.
Il corpetto era il gioiello, dove dei cristalli di vetro, adagiati su morbido tulle, creavano dei giochi di trasparenza che non arrivavano mai ad essere audaci, ma conferivano all'abito un tocco in più, come una punta di malizia involontaria, mai eccessiva, quasi inconsapevole.
I cristalli poi riflettevano la luce, creando dei giochi luminosi mai uguali.
La gonna invece era liscia, eterea e leggera, svolazzava ad ogni passo, avvolgendo la mia figura in un'aura quasi irreale.
Ero decisamente soddisfatta della mia scelta e ringraziai mentalmente la fatina che, come in una favola, mi aveva fatto venire quell'idea.
Sorrisi a quel pensiero, mentre acconciavo i capelli per la serata.
Li lasciai sciolti, a coprire la scollatura sulla schiena, portai solo due ciocche sulla nuca, in modo che non mi finissero davanti agli occhi, e a queste intrecciai la rosa blu, che mi aveva dato la vecchia signora nella caffetteria.
Quell'abito era troppo impalpabile per poter nascondere Damasgrada, ma dopotutto quella festa era per lei, così avevo fatto aggiungere una leggera cintura argentata, a cui avrei legato la bellissima spada, che dopotutto era il mio gioiello più bello.
Era sera ormai, allora uscii, diretta al Palazzo dei Gigli.