Come talvolta accade, l'enigma prima di un nuovo Gdr porta spesso un breve frammento tratto da esso...
La folle corsa verso casa, tra le stradine affollate, zigzagando fra i calessi e i passanti petulanti, stando attento ai marciapiedi ed ai tombini.
Correre a perdifiato, senza guardarsi intorno e senza voltarsi dietro.
Correre avendoli alle costole, con la paura di essere acciuffato o di vedersene spuntare qualcuno da un vicoletto o da un angolo di strada.
Correre e tenere stretto in mano la Teca Porta Ostie, quasi fosse un tesoro perduto, una reliquia inestimabile.
Correre ed urtare la gente, sentirsi gridare dietro eppure senza accennare a diminuire il passo.
Correre ed intravederla.
La chiesetta di San Michele.
Correre, come se non si riuscisse mai a raggiungerla.
Correre ancora, fino a raggiungerne l'ingresso e toccarne la porta.
Spingerla ed entrare.
Allora il ragazzo si piegò sulle ginocchia col fiatone, alzando gli occhi azzurri e vispi in cerca di una figura famigliare e rassicurante.
Ed intravederne la sagoma oltre la porticina della Sacristia semiaperta.
“Padre...” disse entrando in Sacristia “... padre...” ansimando e fissando il chierico di spalle, chino sulla sua scrivania a scrivere.
“Aspetta.” Il religioso con tono fermo.
“Padre...” ancora il ragazzo.
“Aspetta.”
“Ma è importante...” mormorò impaziente lui.
“Allora elenca prima la discendenza di Giacobbe...” disse il chierico senza voltarsi “... di Lia e di Rachele.”
Il ragazzo cominciò così ad elencare i figli di Giacobbe, parlando velocemente.
“Fatto!” Esclamò poi.
“Allora risolvi questo indovinello...” mormorò il chierico.
E cominciò a recitare:
“Ci si può vivere.
Si vede solo di notte.
Si può ammirare in chiesa.
Si scioglie per essere usata.
Può essere di vari materiali.”
Pensò la soluzione, quella esatta, ma prima che potesse rispondere si voltò verso l'ingresso della navata.
E li vide.
Erano loro, scortati da due gendarmi.
E si sentì perduto.
Uno dei due militari lo vide e con un cenno lo chiamo.
Il ragazzo allora, sbuffando, li raggiunse.
“Consegna il Porta Ostie e il signor Oxion non presenterà denuncia.” Il gendarme.
“E' un Oggetto Sacro...” il ragazzo, stringendo in mano il Porta Ostie “... deve stare in una chiesa... contenere il Santissimo Corpo di Cristo...”
“Ragazzo mio...” prendendosi il Porta Ostie Oxion “... è solo arte... meravigliosa e preziosa. Il Sacro è tutto qui. Nella sublime ispirazione che genere la bellezza.” Sorridendo. “Un giorno lo comprenderai.” Annuendo. “E cerca di non passare troppo tempo qui dentro...” guardandosi intorno.
Ed il giovane li guardò andare via, uscire dalla chiesetta con il Porta Ostie.
“Un giorno lo riprenderò...” disse fra sé “... lo riprenderò...” stringendo i pugni.
E voi, dame e cavalieri di Camelot, sapete risolvere l'enigma come ha fatto il protagonista di questo frammento?