Disattivato
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Quello sguardo, così chiaro, così limpido, così pulito.
Come avrei voluto sentirmi altrettanto.
Poi quel gesto, inatteso, improvviso, mi colpì, mi colpì la sua delicatezza e sorrisi, arrossendo.
Lo vidi alzarsi e per un istante temetti non avesse compreso, che avesse preso il mio timore come un rifiuto.
Non era così.
La verità era che volevo essere sua, lì, in quel momento.
Che non desideravo altro.
Che non ci sarebbe mai stato un momento più perfetto.
Tuttavia lui sembrava non capire.
Non capire che a quel per sempre mancava qualcosa perché potessi essere davvero sua.
Non capiva che ero incatenata dalle mie stesse catene, catene che servivano a proteggermi, che mi rendevano quello che ero.
E quelle catene si sarebbero spezzate solo se avesse detto le parole giuste.
Come fosse un incantesimo atavico e primordiale.
Parole che però non aveva pronunciato.
Forse le aveva date per scontate, forse non le riteneva importanti, forse non mi riteneva degna, non mi riteneva all'altezza.
Ma senza quelle parole non sarei mai potuta essere donna, una vera donna.
Potevo decidere di donarmi lo stesso, ma non mi avrebbe mai avuta davvero.
La parte più intima, più segreta, l'essenza stessa della donna sarebbe rimasta incatenata, nascosta e forse non sarebbe più stato possibile liberarla.
Quel fiore, delicato e puro, quelle parole.
Gli sorrisi, un sorriso luminoso e chiaro, nonostante l'inquietudine.
Non capivo perché non ci arrivasse.
Aveva detto di amarmi, di volere me... Per sempre.
Quindi cosa gli mancava per scegliermi?
Voleva provarmi prima come fossi un vestito, da scartare se non soddisfa appieno?
Non funzionava così.
Non con me.
Doveva prendere una decisione, irrevocabile, inequivocabile e doveva prenderla prima, non dopo.
Dopo sarebbe stata una toppa, e non sarebbe mai stata la stessa cosa.
Presi un profondo respiro e sorrisi piano, dolcemente.
"Non è questo..." Sussurrai, con voce tremante.
"È solo che.." Esitai, per poi fermarmi.
No, non glielo avrei detto così direttamente.
Così facendo avrei rovinato il momento che aspettavo da tutta la vita.
"Te l'ho detto che sono molto diversa dalle ragazze a cui sei abituato.... Nessun compromesso, nessuna scorciatoia..." Abbassando lo sguardo, mentre arrossivo ancora di più "Onore e virtù sono tutto per me..." Con gli occhi bassi, malinconici, incerti, impauriti "Una concubina non ha nè l'uno nè l'altra.." Sussurrai con una punta di disprezzo, quello che avrei provato per me stessa se si fosse ostinato a non dire niente.
Sussurrai pianissimo, quasi avessi paura di dirlo ad alta voce, quasi quelle parole mi costassero una fatica infinita.
Ed era così.
Alla fine alzai lo sguardo su di lui.
Uno sguardo titubante, incerto.
Uno sguardo colmo di speranza, l'ultima flebile speranza, tutta la speranza che mi era rimasta.
La speranza che capisse, che mi liberasse da quelle catene.
Uno sguardo spalancato e chiaro, in cui sperai riuscisse a leggere.
Possibile fosse così difficile da capire come andava trattata una donna?
E dire che a me sembrava la cosa più naturale del mondo.
Gli sfiorai dolcemente il viso, in silenzio, nel mio sguardo vi era un misto di speranza e malinconia.
Restai incatenata a quello sguardo, in silenzio, in attesa.
Potevo sentire la parte più nascosta e segreta del mio essere che si risvegliava.
Incatenata in quella buia cella, con la mia camicia da notte più bella, così candida da illuminare l'oscura prigione, iniziava a cercare di liberarsi, ma le catene erano ben fatte, e non ce l'avrebbe mai fatta da sola.
No, doveva salvarla lui, era l'unico al mondo ad avere quel potere.
Poche parole, una sola parola volendo, e sarebbe stata libera.
Libera e sua, sua soltanto, per sempre.
Lì, in quel meraviglioso angolo di brughiera che sembrava fatto apposta per noi.
In quel momento, così unico e cristallino che non aspettava altro.
Mancavano solo quelle benedette parole, categoriche, inequivocabili.
Quella scelta irreversibile.
Se mi amava perché si ostinava a negarmele?Come poteva non capire che senza quelle parole mi avrebbe tolto ciò che più contava per me?
Che non sarei stata più io se avessi rinunciato ai miei valori?
Che avrei potuto essere donna completamente soltanto se avessi conservato onore e virtù?
Che una concubina non avrà mai nè onore nè virtù e dunque condannarmi ad esserlo significava distruggere me stessa?
Ma volevo sperare, sperare ancora per un altro istante, e un altro ancora, che capisse e mi liberasse.
Non desideravo altro.
Perché volevo essere sua, completamente, per sempre... lì, subito.
Ma per farlo dovevo essere me stessa, fino in fondo.
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