Il tempo passava veloce, o forse lento, o forse non passava affatto.
Forse il mondo intero si era fermato, per darci più tempo, perché quel bacio durasse un'eternità intera.
Era un gioco senza fine, un'intesa fatta di gemiti, sospiri, labbra e carne.
Tutto era strano e nuovo per me.
La lotta era l'unico contatto fisico a cui ero abituata, e mai mi ero abbandonata in quel modo.
Era come se il mio corpo scoprisse nuovi brividi man mano che il tempo passava, ogni istante era più bello del precedente, più intenso, più audace, più pericoloso.
Mi sembrava di giocare col fuoco, di liberare una parte di me rimasta in catene per lunghi anni, e che se avesse preso il controllo non se ne sarebbe più andata.
Quella parte nascosta, rinchiusa, messa in grado di non nuocere.
Ora era lei a dominarmi invece, lei ad avere il controllo di me in quegli attimi appassionati dove le mani si intrecciavano, si rincorrevano sui nostri corpi, dove le distanze erano infinitamente piccole eppure infinitamente grandi.
Non mi ero mai sentita così donna, così desiderata.
Era una sensazione nuova, potente, inebriante, pericolosa.
Uno di quei pericoli in cui ti ci fiondi senza pensare, in cui sai che dovresti andartene ma non lo fai perché il brivido che ti procurano è troppo grande e potente da potervi rinunciare.
E io non volevo perdermi nemmeno il più piccolo spazio di tempo di quell'istante eterno.
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