Disattivato
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Scossi piano la testa, alzando gli occhi al cielo con aria divertita, mentre cercavo di nascondere un sorrisetto beffardo a quelle parole di Icarius.
Era rimasto irriverente come lo ricordavo.
Il sole filtrava nel sottobosco del grande giardino.
Mi piaceva quella parte del parco ducale, perché era appartato e gli altri ragazzini non si spingevano mai così lontano.
Odiavo le oro occhiate, le loro battute e ancor di più odiavo il non poter reagire perché se no questi si sarebbero messi a piangere e avrei passato guai.
Noi eravamo pur sempre degli ospiti, mio padre diceva che non dovevo mai dimenticarlo.
Ma io odiavo fare buon viso a cattivo gioco, così preferivo evitarli direttamente.
Lì esisteva solo il mio respiro, e il nemico davanti a me.
Gli giravo intorno, studiandolo, un colpo, un altro, un altro ancora.
Tutto il mio mondo si concentrava in quello spazio, in quella danza letale in cui non mi risparmiavo.
Un colpo, una schivata, un altro colpo, una finta, un colpo.
Le mie mani si screpolavano a contatto con la corteccia, ma il maestro diceva che i colpi erano studiati per essere fatti contro elmi bronzei, quindi cosa poteva essere la corteccia di un albero?
Non ci badavo, continuando a colpire, sempre più veloce, sempre più forte.
D'un tratto udii dei passi alle mie spalle.
Non mi voltai, esercitandomi a studiare quei rumori come avrei fatto in battaglia.
Erano passi leggeri, forse un ragazzo, un maschio, non c'era lo strusciare della gonna sul terriccio, un ragazzino dunque.
"Ehi, che ci fai qui tutta sola?" una voce alle mie spalle.
Alzai gli occhi al cielo.
Guisgard!
"Non lo vedi?" voltandomi "Mi sto allenando..".
"Che noia, ma tu non giochi mai?" mi chiese, con la sua aria irriverente.
Io alzai gli occhi al cielo.
"Non ho tempo per giocare.." tagliai corto.
Evitai di dirgli che giocavo eccome, solo che lo facevo da sola, che spesso nei miei lunghi pomeriggi di allenamenti sognavo di essere un cavaliere, di tornare a Miral e liberarla dal giogo straniero, altre volte sognavo di essere un brigante mascherato che avrebbe rovesciato il governo imposto a Miral per far tornare i Lorendal sul trono ducale, o ancora un mercenario disincantato o un feroce pirata che non aveva confini.
Ma per tutti gli altri ero solo una pazza che combatteva sola nell'angolo più remoto del giardino.
Come poteva capirlo lui?
Lui che giocava sempre con gli altri? Lui che conduceva il gioco?
"Tanto è inutile che ti alleni, resterai sempre una ragazza.." con sufficienza lui.
"E questo che vorrebbe dire?" con lo sguardo tagliente nel suo.
"Che non sarai mai all'altezza di un ragazzo.." alzando le spalle.
Mi voltai completamente verso di lui.
"Sicuro?" con una luce di sfida negli occhi.
"Più che sicuro.." con aria supponente lui.
Senza staccare gli occhi dai suoi il mio corpo si mise lentamente in guardia, le gambe leggermente divaricate e vagamente piegate, un braccio più avanti dell'altro.
Una luce lucida e terminata nei miei occhi.
Lui rise.
Serrai la mascella per non insultarlo.
Ma quando vide che non mi spostavo dapprima sembrò che si fosse fatto serio, poi scoppiò a ridere di nuovo.
"Io non picchio le donne.." strafottente.
"Peggio per te..." alzando appena le spalle io.
Poi ci fu un lungo istante, in cui i nostri sguardi si incrociarono.
Due azzurri così diversi che si specchiavano l'uno nell'altra.
Allora caricai, con un lieve passo che consisteva di invertire la posizione di guardia, una mossa fatta per guadagnare terreno, lo raggiunsi.
Da lì fu facile, dato che lui non se l'aspettava.
Una presa alle gambe decisa e in un attimo fu a terra, mentre io ero sopra di lui, con la sua gamba chiusa in leva dal mio braccio.
Restai così, china su di lui, con i capelli che ricadevano sul suo viso, per un lunghissimo istante, in silenzio.
E anche lui.
Parlavano solo i nostri occhi, come se si stessero sfidando a duello, un duello silenzioso fatto di riflessi di luce azzurra e anima.
"Sta sü de doss!" gli dissi, infine, in miralese.
Un espressione che significa "non starmi addosso", "lasciami in pace".
Strinsi la leva e me ne andai, alzandomi lentamente da lui, che non contrattaccò.
Un sorrisetto divertito mi attraversò il viso a quel ricordo, voltai lo sguardo perché non lo vedesse.
Lui non ricordava i nostri battibecchi da bambini.
Eppure aveva ragione, non potevo stargli così vicino.
In realtà per un momento mi avvicinai ancor di più, mentre i miei capelli sciolti ricavano su di lui, sfiorando il suo viso.
"Sia chiaro, che se provi a scappare.." con il viso vicinissimo al suo "Sarà peggio per te..." senza staccare gli occhi dai suoi "Quindi vedi di fare il bravo" Facendogli l'occhiolino.
Poi mi stesi per un istante a raccattare la giubba e i pugnali che erano sotto di lui, dopodiché mi alzai, e iniziai a rivestirmi.
"Dimmi un po'.." mentre mi vestivo "Rispondi mai a qualche domanda che ti viene fatta? Non so, una su dieci?" sospirando "Allora, quei tizi, quel... re della brughiera.. cercava te?" guardandolo dall'alto.
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