Disattivato
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Tornai al castello, per poi dirigermi immediatamente nei miei alloggi.
Il giorno ormai era cominciato, e non avevo tempo per fermarmi nemmeno un istante.
Stare dietro a quel misterioso cavaliere mi aveva portato via un sacco di tempo, e non avevo scoperto un bel niente su quello che mi interessava.
Ci avrebbero pensato i ragazzi, ad ogni modo.
Quanto a me, dovevo risolvere quella faccenda di Guisgard, e dovevo farlo in fretta.
Prima l'avrei risolta, prima avrei avuto la mente di nuovo lucida per concentrarmi sulla missione.
Raggiunsi i miei alloggi, e mi concessi comunque un bagno caldo e profumato.
Dovevo tornare presentabile.
Poi mi dedicai al vestito.
Presi quello rosso, con fini venature dorate.
Sorrisi, rendendomi conto di aver già indossato un abito di un colore simile.
"Allora, ti manca tanto?" la voce allegra di Fria da dietro il paravento mi fece sorridere.
"Un momento, su...." divertita io.
Dopo svariati minuti uscii da quel paravento per mostrarmi alla mia amica.
"Che ne pensi?" guardandomi allo specchio con quel meraviglioso vestito cucito apposta per l'occasione da una delle sarte migliori di Sygma.
Lei sorrise "Accidenti, è bellissimo!" osservandomi da diverse angolazioni.
Ed in effetti lo era davvero.
La seta veniva direttamente da Miral, filato nelle colline che cingevano uno dei suoi laghi, i ricami poi avevano una cura e dei dettagli invidiabili.
La scollatura quadrata bordata d'oro, le maniche ampie, la cintura gioiello che mi cingeva la vita, la gonna che scendeva ampia ed elegante.
Anche se lì ero solo una delle tante ragazze nobili del ducato, ero abituata ad essere la figlia del duca, a non potermi permettere sbagli nell'abbigliamento perché tutti mi avrebbero guardato, e preso a modello.
E si sa che a Miral queste cose sono particolarmente importanti, e la sua raffinatezza era rinomata in lungo e in largo.
Ma non era per quello che avevo fatto confezionare quell'abito.
E Fria se ne accorse subito, il suo sguardo cambiò nell'osservarmi.
Divenne malizioso, divertito.
"Lui chi è?" mi chiese.
Io arrossii.
"Nessuno.." continuando a rimirami nello specchio, cercando di capire quale acconciatura stesse meglio.
"Mmmm... tu non me la racconti giusta.." avvicinandosi Fria.
All'improvviso, l'immagine della mia amica si materializzò nello specchio davanti a me.
Stavo sorridendo, un sorriso sognate, felice, incontrollabile.
"Allora, chi è?" sorridendo lei.
Io mi limitai a scuotere la testa e sorridere ancora.
"Lila!" mi rimproverò bonariamente lei.
Io allora sospirai, sedendomi sul letto.
"Non lo so.." ammisi infine "Non conosco il suo nome...".
Lei si illuminò.
"Hai capito, la miralese.." sorridendo "Su, su.. racconta..".
Sedendosi al mio fianco.
Ma nel sedersi urtò qualcosa, un libro, con la copertina un po' usurata eppure delicata.
Io sorrisi e lei mi guardò ridendo.
"Non lo starai leggendo ancora, spero.." corrucciando la fronte, per poi rigirare il libro tra le mani.
Io glielo strappai dalle mani, sorridendo.
Presi il mio prezioso libro tra le mani e sospirai.
Avevo sempre sospirato leggendolo, ma ora mi sembrava ancora più prezioso.
Ora che il mio cuore aveva conosciuto un battito nuovo.
Lo aprii a caso, e lessi ad alta voce una frase.
"..io non sogno viaggi, perchè non ho bisogno di venirti a cercare, né fantastico di tesori perduti, poiché il mio unico bene è qui accanto a me ogni giorno... sei tu.." sospirai, sognante.
Chiusi il libro e lo posai sul comodino.
"Lo sai che mi piace fantasticare.." con un sorriso luminoso, per poi lasciarmi cadere all'indietro, affossando sul morbido letto.
"Fantasticare ti metterà nei guai, amica mia.." mi guardò lei.
Io mi alzai ridendo appena, e tornai a specchiarmi nel mio vestito.
"Come fai ad essere sicura che ci sarà, se nemmeno conosci il suo nome?" mi chiese, Fria.
"Non lo so, infatti.." senza togliere lo sguardo dallo specchio "Lo spero soltanto... infondo, la zia mi ripete da settimane che ci saranno tutti domani.." sorridendo.
Com'era diverso il mio riflesso ora.
Com'era diverso il mio sguardo, da quel giorno lontano.
L'ultimo giorno di pace, di speranza, di spensieratezza.
Il giorno seguente quel sorriso luminoso si sarebbe spento per sempre, perché la zia aveva ragione, a quella festa c'erano tutti: anche lei.
E io scoprii il suo nome proprio dalle sue labbra, per caso, e non lo pronunciai nemmeno un istante con speranza.
Quando conobbi il suo nome ero già perduta.
Anche lo sguardo sognante era svanito, non era più quello vuoto dei giorni peggiori, ma brillava di una luce ben diversa da quel giorno di luce accecante, ora era un pallido simulacro di una candela che andava esaurendosi, quel giorno era il sole di mezzogiorno.
Anche il vestito che intanto avevo indossato era diverso.
Non ero più quella sciocca ragazzina innamorata, ora ero una donna, determinata e spietata, una donna senza cuore.
Probabilmente si assomigliavano solo nel colore.
Questo però era un rosso più scuro, e i ricami dorati erano appena accennati. Le maniche strette fasciavano le braccia con trasparenze, l'ampia scollatura a barca lasciava libere le spalle per poi scendere ad incorniciare perfettamente il seno, il corpetto aderente sottolineava la vita stretta, e la gonna scendeva scivolata accarezzando tutto il mio corpo.
La sarta di Monsperson era stata davvero brava.
Mi armai per quello che potevo senza rovinare quel bellissimo vestito, acconciai i capelli ed ero pronta per uscire.
Fu allora che la vidi, e mi si strinse il cuore.
Dalla sua prigione sulla torre più alta, Lila mi chiamava, e mi tendeva la mano.
I suoi occhi mi facevano impressione, e mi stringevano il cuore contemporaneamente.
Mi porgeva qualcosa. Qualcosa che sapevo bene quanto fosse importante per lei.
Nonostante il mio sguardo fosse duro e inflessibile non riuscii a resistere a quello doloroso della ragazza.
Così presi ciò che mi porgeva, e lo nascosi nella scollatura.
Lei sorrise, un sorriso triste velato appena di speranza.
E vederla sorridere mi scaldò il cuore.
Vidi il mio riflesso sfiorarle dolcemente la guancia, mentre lei se ne tornava nella torre, voltandosi a guardarmi un'unica struggente volta.
Lasciai che quell'immagine passasse, uscii dalla mia stanza, buttai giù in fretta un bicchiere di vino e mi diressi al torneo.
L'attesa era finita finalmente, potevo pensare al mio piano.
Ultima modifica di Clio : 22-02-2016 alle ore 17.35.41.
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