Disattivato
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Perché conosco quelli come lui, pensai.
Li conosco perché ci sono cresciuta, perché quello era il mio mondo, i miei ideali, i miei valori.
Un mondo che non mi aveva voluto, che mi aveva cacciato, relegato in un angolo.
Un mondo che mi ero lasciata alle spalle, rinunciando a tutto ciò che contava per me.
Clio mi aveva salvata, Lila non era più in condizioni di far niente ormai.
Fortuna che almeno era riuscita a scappare, almeno quello.
Sorrisi ad Anty e chiusi la porta dietro di me.
Mi spogliai, mentre sentivo ancora le voci dei soldati provenire da fuori e le grida del cavaliere. Mi dispiaceva per lui.
Riposi delicatamente il vestito, tirando fuori la mia camicia da notte nera, di sera orientale.
L'unico vezzo che avevo portato con me da Miral.
Dopotutto nessuno poteva vedere le mie preziose camice, anche se viaggiandone non potevo portarne molte.
Mi stesi e ripensai a tutte le emozioni di quel giorno.
Anty aveva ragione.
Perché non avevo catturato Guisgard?
Forse varei potuto farlo.
Non potevo uccidere il prete, però. Dovevo trovarlo da solo, e lo era mai stato.
Giusto, mi dissi, doveva essere per quello.
Ma ci mancava solo che pensassi a lui prima di addormentarmi.
Cerchiamo di pensare ad altro, nè...
Il torneo.
Ecco, mi lasciai cullare da quello, il ricordo del sogno di ragazzina.
Per un momento rividi un torneo nella mia mente, uno che non avevo visto tutto perché faceva troppo male.
No, non quel torneo, dimentica quel torneo, Lila.
Clio...
Sì, quello che è.
Era un altro il torneo che mi tornò in mente.
Il primo e unico a cui partecipai, quel torneo cambiò la mia vita per sempre.
Il Torneo d'Inverno raccoglieva nobili cavalieri da tutto il ducato e non solo.
Era il tripudio di colori, cavalieri, dame, e ogni altra forma di nobiltà.
Quel giorno mi sentivo davvero speciale, per la prima volta sarei stata la madrina del torneo, in quanto figlia del duca, e mio fratello minore avrebbe combattuto per la prima volta, portando i miei colori.
Sul volto di mio padre si leggevano orgoglio e fierezza.
Tutti i cavalieri mi salutavano con deferenza e galanteria, e io per la prima volta non li guardavo male.
Anche se sotto sotto sapevo che mio padre mi aveva reso la madrina del torneo in modo da poter sondare eventuali pretendenti.
Ma io non avevo ancora sedici anni quell'inverno, e tutto mi appariva lontano.
Per quel giorno non volevo pensare al futuro, ai miei sogni proibiti, vivevo come in un sogno, come in una favola.
Eppure quel giorno avrebbe cambiato il mio destino per sempre.
Presi posto sul palco, accanto a mio padre, nel mio abito più bello, di un rosso acceso, con ricami d'oro.
Mio fratello scese in campo, a cavallo, mostrando abilità nonostante la sua giovanissima età.
E tutti applaudirono il giovane erede del duca Rotero de Lorendal, io per prima.
Sapevo quanto si fosse allenato per quel torneo, anche se naturalmente nessuno si aspettava che vincesse, ma che dimostrasse il suo valore.
Quando quella prima gara terminò, mi voltai verso mio padre.
"Posso andare da Semon, padre?" sorridendo.
Lui annuì e mi sorrise "Naturalmente, Lilian.."
Mio padre non amava storpiare il mio nome, ed era uno dei pochi a chiamarmi così.
Scesi dal palco e mi misi quasi a correre verso il padiglione con lo stemma della vipera e del lupo, lo stemma dei Lorendal, lo stemma di Miral.
Entrai raggiante e trovai il mio fratellino in lacrime.
"Semon..." mormorai, incredula "Che succede?"
Lui strabuzzò gli occhi "Lila.." esclamò, correndo ad abbracciarmi.
Restammo così per lunghi istanti, mentre io gli accarezzavo dolcemente i capelli biondi.
"Cosa c'è?" dissi dopo un po', sperando si fosse calmato.
"Non posso..." mormorò, guardandomi con i suoi enormi ed innocenti occhioni azzurri.
"Cosa?" scrutandolo io.
"Tornare là..." indicando la tenda oltre la quale c'era la lizza.
"Ma sei stato grande.. qual'è il problema?"
"Ho paura.." ammise lui in un sussurro, abbassando lo sguardo.
"Ma no, tesoro.." sorrisi, stringendolo.
"Questo era a cavallo, sai che adoro andare a cavallo..".
"Sì, e sei bravissimo.." sorridendo.
"Ma ora c'è la spada.. non sono pronto io.. io.. non ce la faccio..." singhiozzando.
Mio fratello era la persona più buona di questo mondo, ma non era un guerriero.
Era un diplomatico nato, questo sì.
Ma un guerriero, quello non lo sarebbe mai stato.
"Nostro padre mi ucciderà se mi ritiro... ma io..".
"Shhh.." mormorai dolcemente.
Fu allora che l'idea mi balenò in testa.
In quel momento, mentre reggevo mio fratello tra le braccia e lo stemma di famiglia mi guardava da un arazzo.
No, l'onore dei Lorendal andava difeso.
L'onore di mio fratello, di mio padre.
E c'era un'unica persona che potesse farlo: io.
Allontanai mio fratello quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi.
Gli sfiorai dolcemente il viso.
"Non ti preoccupare.." guardandolo negli occhi con un sorriso "Ghe pensi mi.." per poi fargli l'occhiolino.
Un brivido incontrollato mi attraversò la schiena.
Lui mi guardò incredulo.
"Avanti, spogliati.." indicando l'armatura.
"Ma.." protestò debolmente.
"Ah.." alzando una mano "Sarà il nostro segreto.. promesso?".
Lui si illuminò "Promesso.." stringendomi la mano con un'espressione seria.
Così, tolsi quel bellissimo abito da madrina, raccolsi i capelli in qualche modo, e indossai l'armatura di mio fratello.
Fortunatamente era leggera, fatta apposta per mio fratello, ma ormai era alto come me.
Quando mi guardai allo specchio mi mancò il fiato.
Eccomi, ecco il mio vero riflesso.
L'armatura, i capelli biondi che scendevano ad incorniciarmi il viso, lo scudo con lo stemma di famiglia, la spada in pugno.
Persi un istante, un istante colmo di determinazione, orgoglio e un briciolo di follia.
Raccolsi nuovamente i capelli e nascosi il viso sotto l'elmo.
Quando l'araldo annunciò il nome di mio fratello, per un istante sognai di sentir annunciare il mio, ma quel sogno non si sarebbe mai avverato e lo sapevo bene.
Però avevo l'occasione di combattere per tutto ciò che amavo, per la mia famiglia, per la mia stirpe, per la mia città.
Così, entrai in lizza, e conobbi il furore di Ercole per la prima volta.
Da allora, non ne potei più fare a meno.
Sorrisi a quel dolce ricordo.
La mia vita da allora non fu più la stessa.
Quante volte in quelle lunghe notti Sygmesi mi chiedevo se non fosse stato meglio non essere scesa in campo.
Limitarmi a fare la madrina, e andare incontro al mio destino.
Non avrei dovuto abbandonare la mia città, non avrei mai incontrato lui.
Lui che aveva distrutto tutti i miei sogni.
No, Lila, non tutti..
Già, sorrisi, non tutti.
Alcuni li avevo ancora, alcuni li avevo realizzati e per altri c'era speranza.
Mi aveva tolto "solo" la capacità di amare.
La vita di un soldato senza amore era quantomeno molto più semplice.
Adesso smettila, però.... dormi...
Chiusi gli occhi e lasciai che il sonno mi cullasse, portando con sé i pensieri di quella strana sera.
Temendo quasi che invece di acquietarsi visitassero i miei sogni.
Nei sogni difficilmente trovavo pace.
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