Discussione: La Freccia Gigliata
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Vecchio 21-01-2016, 18.34.01   #543
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Capitolo II: Ritorno a casa



“Volentieri l'avrebbero nelle case ospitato,
ma temendo del re l'ira nessuno osava.”

(Il cantare del Cid)



Il carretto cigolante arrivò in un ampio pianoro erboso, dove un cipresso si ergeva solenne ed austero sul terreno in lieve pendio, mostrandosi quasi ai viaggiatori col suo profilo stagliato lungo i tratti di tenere colline verdeggianti.
Quel luogo avvolto quasi da un mistico silenzio era ammantato d'erba e di fiori che trovavano vigore nella limpida aria del posto, ingentilita e profumata da un secco vento di terra.
Querce, aceri, ulivi e cipressi oscillavano al freddo sibilare del vento, come le piume dell'elmo di un antico guerriero, nel cui soffio pareva aver rinchiuso la sua voce di un tempo.
Era un luogo isolato e muto, intriso di una remota melanconia e di un'antica nobiltà.
Non sorgevano abitazioni, né capanne nei dintorni, se non una cappella la cui cupola ricordava le fattezze e la bellezza di quella più grande e celeberrima della cattedrale Mariana di Sygma.
Questa scena di idillio campestre apparve agli occhi di quei viaggiatori che sul carretto avanzavano tra i pendii dei ridenti poggi.
Un uomo anziano e scarno conduceva l'umile vettura, mentre dietro, su mucchi di paglia e fieno se ne stavano un uomo corpulento e rozzo ed individuo il cui abbiglio lo identificava come un pellegrino.
Indossava infatti una mantella di ruvido panno nero che gli avvolgeva il corpo e con ampie falde che gli coprivano le braccia.
Alti e consumati stivali da viaggio ed un ampio cappuccio scuro sul capo completavano il suo abbigliamento.
Se ne stava docile tra la paglia ed il fieno, suonando l'ocarina che aveva con sé, unica forse concessione al suo status di penitente errante.
“Pagherai questo passaggio, buon pellegrino, se saprai dirci i nomi di quei cavalieri che così valorosamente tennero alto il nome della Santa Chiesa qui a Sygma.” Disse l'uomo corpulento.
“Sarò ben lieto di farlo” smettendo di suonare il pellegrino “poichè non porto denaro con me e non potrei pagarvi in alcun modo, in quanto il mio giuramento mi vieta di possedere beni materiali.”
“Bene.” Annuì l'uomo. “Di certo conoscerai tali notizie per il tuo viaggiare.”
“Il primo” rivelò il pellegrino “per onore e per valore, per fama e per rango fu l'intrepido Taddeo Cuor di Dragone, duca di Capomazda.”
“Gli perdono” osservò colui che conduceva il carretto “la discendenza solo per il suo Amore verso Sygma.”
“Ser Belvone di Capus fu il secondo” il pellegrino “e Joel Settimio suo scudiero merita una menzione.”
“Almeno non era del Sud quest'ultimo.” Ridendo il cocchiere.
“E poi?” Domandò con insistenza l'uomo corpulento. “Vi era qualche altro degno cavaliere che si battè per la Chiesa in queste contrade?”
“Poi” rispose il pellegrino dopo qualche attimo di silenzio, in cui sembrò sforzarsi per ricordare “... poi vi era un giovane cavaliere di minor fama e rango credo, accolto in quell'eroica compagnia non tanto per contribuire all'impresa, quanto per aggiungersi al numero, ma il suo nome non è rimasto nella mia memoria.”
Un attimo dopo il pellegrino balzò in piedi.
“Eccoci...” a colui che conduceva il carretto “... sono giunto...” apprestandosi a scendere.
“Qui?” Stupito l'uomo corpulento. “Ma qui siamo nella zona di Altafonte e non vi è nulla.”
“Non vi sono le terre di un nobile Capomazdese?” Fissandolo il pellegrino.
“Non più...” scuotendo il capo l'uomo che conduceva “... le sue terre sono state inglobate nel demanio baronale...”
“E i servi che vi lavoravano?” Ancora il pellegrino.
Nessuno però dei due uomini rispose.
Il pellegrino saltò allora giù dal carro, ringraziò per quel passaggio e svanì nella boscaglia.
Da qui risalì un dolce pendio, fino a raggiungere un fertile e tenero terreno, all'estremità del quale vi erano i resti di una casa distrutta dal fuoco.
Qui arrivò il pellegrino, restando interdetto ed indignato.
Corse fra quelle mute macerie, cercando e chiamando.
Ma nessuno rispose, se non il vento.
Allora il pellegrino si inginocchiò e pianse amaramente.
Pregò e poi pianse di nuovo.
E vi restò fino al tramonto, quanto il canto di un uccello lo destò.
Si rialzò, facendosi tre volte il Segno della Croce, per poi levare gli occhi azzurri verso il Cielo.
Giurò solennemente e allora l'uccello scese dolcemente sul braccio che il pellegrino gli offriva.
“Amica mia...” accarezzando la bella gabbianella blu “... solo per te sento che il mio è un ritorno...”
Si incamminò lungo un sentiero, dove incontrò un villano che tornava dal suo podere.
Da questi comprò la sua mula e in sella all'umile cavalcatura svanì negli ultimi bagliori del giorno morente, portando con se la gabbianella blu.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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