Discussione: Ardea de'Taddei
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Vecchio 02-10-2015, 17.10.28   #315
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
"Ascolta, Signore, la mia giusta causa,
sii attento al mio grido.
Porgi l’orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c’è inganno."


(Salmo 17)



Lo stupore di Ardea e di Biago, per quella rivelazione di Giaccos, era tangibile.
“Posso chiederti” disse allora il cavaliere al musico “perchè vuoi dedicare dei versi a tua sorella? Solitamente il nostro estro lo riserviamo alla bella che ci fa battere il cuore.”
“In verità” spiegò Giaccos “ella da troppo tempo ha perduto il sorriso, la gioia di vivere. E chiunque abbia conosciuto mia sorella ritiene questo un peccato. Ella infatti non solo è bellissima, ma è anche, o meglio lo era, la più felice e spensierata ragazza di questo mondo.”
“Cosa allora le ha fatto perdere la spensieratezza?” Domandò Ardea.
Giaccos non rispose nulla, limitandosi a scuotere la testa.
Ardea allora lo fissò ancor più turbato.
“Dunque?” Guardandolo.
Giaccos, ad un tratto, scoppiò in lacrime.
E a quella scena il cavaliere ed il suo scudiero non dissero nulla.
Ardea gli si avvicinò e lo guardò negli occhi.
“Perdonatemi...” piangendo il musico “... perdonatemi... per un cavaliere come voi vi sembrerà indegno che un uomo pianga...”
“Piangi...” mettendogli una mano sulla spalla il cavaliere “... piangi e non vergognarti... un uomo deve sapere quando piangere...” e lo strinse in un commosso abbraccio.
Restarono così per lunghi momenti, fino a quando il musico ebbe la forza di versare lacrime per i suoi dolori.
“Tra non molto” fece Ardea, con la sera ormai prossima “farà buio... sarà meglio tornare alla locanda...” a Biago.
Lo scudiero annuì.
“Vi prego...” guardandoli Giaccos “... vi prego, venite con me al castello... voglio che siate ospiti di mio padre...”
I due compagni si scambiarono una lunga occhiata.
“Vi prego...” ancora il musico “... la vostra presenza sarà di certo gradita a mio padre... vi supplico... le mura del castello sono intrise di solitudine e di dolore... la vostra compagnia ci aiuterà a non pensare alle nostra triste Sorte... e al castello vi racconterò tutto...”
“Tutto?” Ripetè Ardea.
“Si...” annuì Giaccos.
“Andiamo...” sorridendo il Taddeide “... siamo onorati della tua ospitalità.”
I tre, così, si avviarono verso il castello di Acerna.
Si trattava di una vasta costruzione, dalle mura alte e solide, le torri merlate ed un vasto fossato tutt'intorno che lo rendeva praticamente inavvicinabile.
Sulle antiche murature, custodi e testimoni di epici e remoti secoli, sventolavano gli aristocratici vessilli Acerniani, simboli della grandezza di queste terre.
Un possente ponte levatoio fungeva da ingresso e numerosi guardie sorvegliavano quell'accesso al maniero.
Ed attorno a questa monumentale fortezza si ergeva l'intero abitato cittadino.
I tre vi giunsero quando ormai era già quasi sera, con deboli luci ad illuminare il castello.
Le tenebre reclamavano il dominio sull'imminente notte, così densa di misteri ed inquietudini.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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