“<< Il primo, per onore e per valore, per fama e per rango >> rispose il pellegrino << era l'intrepido Riccardo, re d'Inghilterra. >>”
(Walter Scott, Ivanhoe)
Ardea e Biago lasciarono la locanda e si avviarono verso il centro abitato.
Era questo molto vasto e densamente abitato, circondato tutt'intorno da una campagna estesa e verdeggiante.
La contrada era brulicante di case e palazzi, chiese e botteghe che accerchiavano e quasi si aggrappavano, come preda di un'innaturale ed invisibile paura, sulle alte e spesse mure del Castello Baronale.
“Pensavo...” disse Ardea, fissando il monumentale maniero “... pensi ci sia possibilità di essere ricevuti dal barone?”
“Non credo...” rispose Biago “... a meno che tu non voglia presentarti per ciò che sei, ossia il figlio del duca.”
“Escluso.” Sentenziò Ardea.
“Allora dovrai fingerti un musico, un saltimbanco oppure un mendicante.” Divertito lo scudiero.
“Divertente...” fissandolo il cavaliere.
Ma proprio in quel momento i due udirono qualcosa.
Una musica seguita da un canto.
Si voltarono e allora videro un ragazzo, dai capelli rossi, alto e magro, con l'aria sognante che se ne stava sotto un sicomoro a suonare la sua cetra.
“Magari” ridendo Biago “potresti chiedere a quel musico di prestarti il suo strumento.”
“Oggi sei in vena di battute.” Mormorò Ardea. “Peccato ti manchi il dono di suscitare risa.”
Biago rise ancora.
“Vieni...” fece il cavaliere “... magari quel menestrello ci informerà circa questa contrada.”
“Cos'altro vuoi sapere?” Fissandolo lo scudiero. “Come si arriva presto dal drago forse?”
Ardea si limitò a sorridere, per poi raggiungere il menestrello.
“Salute a te, menestrello.” Con un cenno del capo il cavaliere.
“Che Dio vi benedica, messeri.” Sorridendo quello.
“Cerchi forse ispirazione sotto questo sicomoro?” Domandò il Taddeide.
“In verità si...” annuì il cantore.
“Per la bella dama del tuo signore?” Ancora il cavaliere.
“In realtà, cavaliere...” smettendo di suonare il musico “... in realtà cercavo ispirazione per un canto da offrire a mia sorella...”
“Però!” Esclamò Biago. “Un giusto modo per dimostrare che l'arte non ha alto lignaggio!”
“Cosa intendete dire, messere?” Fissandolo il menestrello.
“Beh, senza offesa, non penso che né tu, né tanto meno tua sorella siate marchesi o principi.”
“Messere...” risentito il musico “... sappiate che mia sorella appartiene alla più alta nobiltà di questo ducato e dell'intero reame.”
“Come sarebbe?” Confuso Biago.
“Che ella è nobile, messere.”
“Io credevo che...” farfugliò Biago.
“Nobile quanto me, naturalmente.” Precisò il cantore.
Biago cercò di dire qualcosa, ma Ardea con un gesto ed uno sguardo lo bloccò.
“Chiediamo a te perdono, amico mio.” Con un lieve inchino il cavaliere. “Non era nostra intenzione recarti offesa. Vuoi dunque presentarti a noi? Io sono un semplice cavaliere errante e costui, un po' troppo ciarliero, ma di animo sincero, è il mio fedele scudiero.”
“Salute a voi, dunque.” Sorridendo il musico. “Il mio nome è Giaccos, detto il Rosso, figlio del barone di Acerna.”
Guisgard restò meravigliato.
“Barone?” Ripetè Biago.
“Si, messere.” Annuendo Giaccos.
“Allora...” Ardea a questi “... allora tua sorella è...”
“Si, cavaliere.” Alzandosi Giaccos. “Mia sorella è lady Cramelide.”
Ardea e Biago allora si scambiarono un lungo ed eloquente sguardo.
Intanto l'aria profumata della campagna animava il fruscio del sicomoro sopra di loro.