Sottocapitolo: L'incantatrice e i fanatici
“E oltre il muro di nebbia apparve un'imponente figura umana dal volto velato e la pelle del bianco perfetto della neve.”
(Edgar Allan Poe, Gordon Pym)
Icarius annuì a Clio.
“Si, meglio dare un'occhiata in giro...” disse “... ma occhi aperti, mi raccomando...”
Il gruppo così si divise, cercando in quel punto una spiegazione o almeno qualunque altra cosa che svelasse la misteriosa sparizione di tutta quella gente armata di forconi, zappe e bastoni.
Era una fresca sera d'Estate ed i riflessi del firmamento rischiaravano il cupo verde della foresta, definivano le mute ed inquiete fattezze delle pietre che racchiudevano quel luogo e screziavano le piatte acque del laghetto.
E proprio in quel laghetto, al centro di uno spuntone isolato ammantato di fiori acquatici, tra i resti di un antico rudere qualcosa splendeva di un alone spettrale.
Era una misteriosa figura, dal lungo e leggero abito sacerdotale e col volto velato.
“Chi siete voi?” Fissandola il Taddeie.
Allora i tiepidi fumi che avvolgevano il laghetto, rendendolo simile ad un frammento onirico, cominciarono a dissolversi e lui riuscì a scorgere i tratti del volto velato.
Era Clio.
Il primo istinto di Icarius fu quello di voltarsi indietro, dove Hansiner e la stesso Clio erano in cerca di tracce o indizi.
E non vide più i suoi due compagni.
Vi erano infatti solo un grosso molosso ed una bellissima gatta selvatica accucciata su Damasgrada.
“Clio...” guardando di nuovo la figura Icarius “... dov'è Hansiner? E perchè sei vestita così?”
Egli infatti non aveva compreso che la ribelle e l'artista altri non erano che quella gatta selvatica e quel grosso molosso.