Dacey giunse nel giardino.
Esso appariva sormontato da un'immensa cupola, le cui pareti erano bizzarramente dipinte.
Immagini tratte da racconti antichi e vedici, di eroi e dei loro fedeli compagni.
Scene dunque di sacra ed inviolabile amicizia, senza lasciare mai spazio a figure femminile, se non in forma di ancelle, compagne e servitrici.
Un silenzio innaturale e misterioso regnava ovunque, rotto appena dal gorgoglio delle acque che attraversavano bassi canali scavati nella roccia e racchiusi da pietre lisce e bianchissime, mentre fluivano tra la florida ed esotica vegetazione.
Foglie di loto che vibravano appena alla lieve carezza di una leggera brezza, frutti simili a gemme che pendevano dai rami carichi e nodosi, mischiati al fruscio del bambù tra l'aria calda e soffocante di quel luogo.
Ad un tratto Dacey vide qualcuno dall'altra parte del giardino.
Era un uomo dalla pelle chiara, di alta statura, magro, dal volto energico e l'espressione feroce.
Una folta barba bianca cingeva il volto austero e marcato, donando al suo aspetto qualcosa di venerabile e razionale.
Indossava un elegante mantello di seta purpurea avvolto attorno al corpo, trapunto d'oro e con un simbolo ricamato sulla spalla sinistra.
Si trattava di due mani stilizzate che si stringevano.
Il medesimo simbolo che si poteva scorgere al centro della cupola soprastante il giardino.
“I miei omaggi, prediletta di Amisc.” Disse lui con un inchino, dopo averla raggiunta.