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Vecchio 17-06-2015, 03.51.46   #1639
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
L'avatar di Guisgard
Cavaliere della tavola rotonda
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Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
“Peccato...” disse Tyssin prendendo posto a tavola “... mi piaceva zia Lisa... non so, mi faceva pensare ad un tono confidenziale, amichevole...” sorseggiando del vino “... e sia, farò a meno di entrambe le parole... sia zia, che Lisa... brindo alla bellissima compagna di mio zio, col suo fascino degno di una matrona romana... salute.”
Tutti brindarono.
La cena proseguì, senza che Tyssin togliesse il suo sguardo da Elisabeth.
Uno sguardo irriverente, audace, malizioso e a tratti quasi di sfida.
Uno sguardo che la donna avvertiva in ogni istante e la cui sfacciata invadenza ed insistenza, unite al fatto che poco prima al lago l'aveva vista completamente nuda, sembravano in grado di farla sentire ancora spogliata ai suoi occhi.
Poi, Sapien ordinò ai domestici di servire il dessert in veranda e tutti loro si spostarono.
“Io vado via, caro zio.” Fece Tyssin. “Ho un certo affare che mi attende.”
“Tu che lavori?” Fissandolo Sapien. “Questa è nuova.”
“Non ho detto che lavoro.” Sorridendo il nipote. “Per questo non posso perdere quell'affare.” Salutò gli ospiti. “E salute anche a te, cara zia... ops, perdonami... dimenticavo che non vuoi essere chiamata così... a presto, Elisabeth...” sorridendo enigmaticamente.
Ed uscì, per poi lasciare la villa.
“Vogliate perdonare mio nipote...” Sapien agli ospiti “... non ama molto le buone maniere.”
La cena terminò e gli ospiti andarono via.
“Sei stata perfetta.” Disse Sapien ad Elisabeth. “Perfetta. E' tardi, sarà meglio ritirarci.”
Raggiunsero così ciascuno la propria camera.
E qui la stanchezza si fece sentire presto.
La donna, così, si addormentò subito.

La stanza non era molto grande, ma arredata con una singolare originalità.
Le pareti erano foderate e tendine rosse velavano le due piccole finestre che illuminavano quanto bastava quell'ambiente.
Un grande specchio ovale pendeva da una parete che inquadrava interamente la figura della modella.
Elisabeth infatti stava seduta sul lettino, completamente nuda, fatta eccezione per una copertina attorcigliata tra i suoi fianchi.
Accanto a lei vi era un ricco cesto di frutta esotica.
Da brava modella la donna se ne stava ferma, con lo sguardo vago e con una mela in mano.
“Devo restare così ancora per molto?” Chiese lei.
“Se ti muovi” fece Tyssen, mentre dipingeva sulla tela “finisce che si sposterà la coperta ed io potrò guardare.” Ridendo.
“Magari il quadro ne guadagnerà.” Ridendo lei.
“Non gesticolare...” mormorò lui “... altrimenti perderò la posa...”
“Dimentichi” disse lei “che provengo dal Sud e dunque quando parlo deve gesticolare, oltre che pronunciare...” sorridendo.
“Vuoi farmi perdere il filo?” Fissandola lui.
“Se ti trema la mano il ritratto verrà male, caro nipote.” Divertita lei.
“Con una modella come te...” dipingendo lui “... non credo possa avvenire... ma tu non hai fiducia nel mio estro.”
Lei rise di nuovo.
“Su, fammi sbirciare...” fissandolo.
“No, solo quando sarà finito...”
“Sono tua zia e mi devi obbedienza.”
“Sei la mia modella e dunque devi stare alle mie disposizioni.”
“Ah, benedetto ragazzo...”
“Secondo mio zio sono maledetto.”
“Si, un diavoletto...”
“E tu sei un angelo?”
“Forse...” sorridendo lei “... dai, voglio vedere come viene il quadro...”
“Dovrai aspettare...”
“Ti punirò.”
“E come?”
“Non so...” pensierosa lei “... magari coprendomi... ora...”
“Tutta?” Chiese lui.
“Il seno, per ora...”
“Che cattiva...”
Lei rise ancora una volta.
Poi qualcuno bussò.
“Torno subito...” disse Tyssen ad Elisabeth.
Ed uscì.
La donna allora si alzò ed incuriosita venne a sbirciare.
E con sua sorpresa vide che sulla tela era ritratta una figura mostruosa.
Sembrava Sapien vecchio e decrepito.

Elisabeth si svegliò di colpo.
Albeggiava ma il ricordo di quell'enigmatico sogno era ancora forte.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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