Disattivato
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Li ascoltai con un sorriso, stavano davvero provando per quello spettacolo, dunque se la loro visita in città c'entrava qualcosa con il Corvo, loro erano in buona fede.
Eppure non riuscivo ancora a capire che cosa volesse ottenere Maruania con quello spettacolo.
Ma qualcosa mi destò da quei pensieri, Damasgrada aveva iniziato a tremare.
Ancora?
E in un attimo, tutto attorno a me cambiò, o forse la visione si mescolò alla campagna.
La stanza era umida e buia, lui era steso a terra, ferito.
Gli sorrisi, aiutandolo ad alzarsi.
E poi mi accorsi di quegli uomini, di come lo guardavano, di come si inchinavano a lui.
Allora compresi, e le loro parole non fecero che confermare quanto sospettassi.
Ce l’aveva fatta.
Il seggio ducale era suo, dunque.
Mi allontanai di un passo, inchinandomi rispettosamente come gli altri.
È difficile trovare le parole per descrivere il mio stato d’animo in quel momento.
Ero felice, felice per lui perché sapevo che stava compiendo il suo destino, e quanto avesse lottato per questo.
Eppure sentivo una morsa dolorosa al cuore. Ora non avrei più potuto seguirlo.
Dovevo lasciarlo andare, anche se non sarebbe stato facile.
Anzi, ogni minuto trascorso lo avrebbe reso più arduo.
Così, prima che si apprestasse a seguire quegli uomini, gli sfiorai il braccio, facendolo voltare verso di me.
Esitai “Dammi solo un minuto, ti prego..” sentendo già le lacrime affiorare.
Sorrisi lo stesso, sinceramente “Ce l’hai fatta..” sfiorandogli delicatamente i capelli, e poi il viso.
Restai in silenzio per un lungo istante, persa nell’azzurro intenso dei suoi occhi.
“So che sarai il miglior Arciduca che Capomazda abbia mai avuto…” con voce tremante e gli occhi lucidi “Io.. non posso più restare, lo sai..” sussurrai appena, alzando gli occhi a cercare i suoi “Ti avrei seguito in capo al mondo per cercare il Fiore Azzurro, ti avrei seguito nell’esilio.. ma a palazzo non c’è posto per me..” con un’infinita tristezza “Sono un pirata, un fuorilegge.. ora dovrai.. darmi la caccia..” sorridendo appena, tra le lacrime che, impertinenti, avevano iniziato a rigarmi le guance.
“Grazie, di tutto..” mormorai, con voce spezzata, avvicinandomi a lui.
“È stato meraviglioso avere la possibilità di restare al tuo fianco, e sognare… sognare che sarei davvero riuscita a conquistare il tuo cuore..” abbassai lo sguardo “Che potesse esserci un lieto fine per noi due..” pianissimo, quasi avessi paura di ammetterlo “Ma sapevo che sarebbe venuto il momento in cui avrei dovuto farmi da parte…” sorridendo amaramente “Ma è giusto così.. questo è il tuo destino.. e io..” non riuscii a finire la frase, non avevo più parole.
Ormai non riuscivo più a trattenere le lacrime che scendevano, copiose e calde sulla mia pelle.
Mi sfilai l’anello con la civetta e lo posai nella sua mano.
Il mio voto non aveva più importanza, ormai, avevo fatto la mia scelta.
“La civetta è anche il simbolo dei Taddei, no?” cercando di respirare piano “Così potrai… Così..” alzando gli occhi su di lui “Così magari…” la voce rotta dai singhiozzi “Ogni tanto penserai a me..” pianissimo, sfiorandogli dolcemente il viso “Ti amo..” mormorai piano “Ti amerò sempre…”.
Dovevo lasciarlo.
Eppure non riuscivo a muovermi.
Come avrei voluto rifugiarmi tra le sue braccia, ma sapevo bene che non era il caso.
“Addio..” sussurrai pianissimo, ma ancora non mi mossi “Addio..” alzando gli occhi su di lui per l’ultima volta, e abbozzando un lieve sorriso.
Mi ci volle uno sforzo immane per fare un passo indietro.
E poi un altro.
Ma la cosa più complicata fu girarmi, girarmi e sapere che non l’avrei più rivisto, che nulla sarebbe stato più lo stesso.
Che io non sarei stata più la stessa.
Uscii dalla porticina che avevamo attraversato all’andata, e poco distante crollai, lasciandomi cadere a terra, col viso tra le mani, scossa dai singhiozzi.
Sbattei le palpebre un paio di volte, rendendomi conto di essermi accasciata anche io, con una mano sulla corteccia di un albero e l'altra sul cuore.
Respirai, respirai ancora, finché non mi accorsi che quel dolore aveva lasciato il mio cuore.
Questa volta era stato diverso, come se sentissi i pensieri di quella ragazza, come se le sue lacrime mi rigassero le guance, come se il suo cuore spezzato fosse il mio.
Ed era stato terribile.
Non appena tornai completamente in me strabuzzai gli occhi.
Hai capito.. il signorotto era un Arciduca di Capomanza, niente meno...
E maledii la mia preparazione solo di base sul periodo che non mi permetteva di riconoscere il volto dell'Arciduca, tra i tanti.
Per me poteva essere un Aedea, un Taddeo, un Ardeliano indifferentemente.
Eppure quella visione mi colpì, non solo per le sensazioni forti che mi aveva donato, ma perché più che altro non ne capivo il senso.
Sicuramente mi mancavano dei pezzi.
Ma quella storia cominciava ad incuriosirmi, era come se Damasgrada volesse dirmi qualcosa, pensai, giocando con il mio anello che raffigurava la civette e la luna.
E senz'altro erano meglio quelle visioni piuttosto di quelle sconclusionate su una civiltà perduta che avevo prima.
Magari ero semplicemente pazza, ma era un'eventualità che avevo preso in considerazione da tempo, considerandola una benedizione, visto i tempi in cui vivevo.
Sorrisi piano.
Doveva amarlo davvero tanto.
Avevo potuto sentire quanto gli fosse costato quel distacco.
E cominciavo a capire che non era la classica amante di un signorotto.
Forse ero stata troppo severa con lei, come al solito.
Ma chi ero io per giudicare un Amore così grande?
Potevo solo invidiarla, per averlo provato.
E se quell'anello aveva lo stesso significato per lei di quello che portavo io al dito, allora aveva fatto la sua scelta, qualunque cosa comportasse.
Allora sorrisi, chiedendomi cosa mai fosse accaduto nel tempo che divideva le due visioni, evidentemente lontane del tempo.
Lì loro erano insieme.
Chissà che cosa era accaduto.
Ed ero certa che la domanda non l'avrei trovata in un libro di storia, nemmeno in quelli incredibilmente pettegoli, forse solo Damasgrada conosceva la risposta.
Poi sospirai, mi alzai, e tornai ad osservare gli attori.
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