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Vecchio 27-05-2015, 04.47.35   #645
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
La cena terminò e Fria cominciò a leggere la novella.
Arrivò alla prefazione, quando Clio, che aveva la sua Damasgrada ben nascosta nel vestito, cominciò ad avvertire qualcosa.
La spada vibrava lievemente.
Poi una serie di immagini, una visione...

La stanza era piccola ed accogliente, ingentilita da rametti di lavanda sparsi ovunque che lei aveva raccolto sin dal mattino.
Aveva lasciato le finestre aperte in modo che il profumo dei campi invadesse la casetta e che la luce del pomeriggio illuminasse ogni angolo di quel luogo.
Eppure, nonostante la cura nel preparare quella stanza e nel renderla accogliente, il suo umore, il suo stato d'animo non erano dei migliori.
Stava sul letto, con indosso solo una corta sottoveste bianca, leggendo un libro di poesie e fissando di tanto in tanto il cancelletto d'ingresso dalla finestra.
Fece questo per gran parte del pomeriggio e quando l'imbrunire cominciò ad annunciarsi iniziò a sentire una forte voglia di piangere e di scappare.
Di tornare magari nella sua terra, lontano da quei compromessi, da quei sotterfugi che raccontava a se stessa.
Ad un certo punto chiuse il libro di poesie, che aveva smesso di leggere da ore ormai, e si lasciò cadere all'indietro, affondando nel morbido cuscino piumato.
Si rannicchiò, perchè di colpo la sera e la solitudine erano diventate improvvisamente fredde e chiuse gli occhi con la speranza che la tristezza lasciasse in pace i suoi occhi.
Poi, ad un tratto, quella carezza.
Dolce, lieve, lenta, lunga.
Prima sui suoi piedi, poi lungo le gambe nude.
Lei si alzò di scatto e lo vide con quel fiore in mano, che giocava sulla pelle di lei.
Fino a raggiungere le sue parti più sensibili.
“Stasera no...” fermando lei la mano di lui.
“Sei arrabbiata?” Fissandola lui.
“Ti ho aspettato tutto il giorno...” con gli occhi rossi lei “... da stamattina... ma tanto fai così con le tue donne, vero?”
Lui si guardò intorno.
“Ho visto com'è bella questa stanza...” mormorò.
“Sono una sciocca e tu un bastardo.”
“A Sygma direbbero parla a modino...” ridendo piano lui.
“Non sono di Sygma!” Gridò lei. “E non so parlare come fanno le tue dame di corte! Non sono una dama di corte... sono solo una...”
Lui le sfiorò le labbra con un dito, dolcemente.
“Non dirlo neppure...” disse lui.
“E' la verità...” fece lei.
“Non dirlo più...”
“Cosa sono allora?” Guardandolo lei. “La tua amante...”
“La mia donna...” accarezzandole la bocca col dito.
Lo fece a lungo e lei chiuse gli occhi, assaporando quelle sensazioni.
Poi schiuse appena le labbra e iniziò a baciare quel dito, per poi succhiarlo piano.
“E' così che fanno le amanti, no?” Con gli occhi in quelli di lui. “Le favorite e le concubine, giusto?” Senza smettere di assaporare quel dito con sensualità. “Sono brava, milord?” Sarcastica.
Lui allora le si avvicinò e la baciò.
La baciò con passione e prese a spogliarla, a toglierle quella leggera sottana bianca.
Lei tentò di opporsi, poi smise di fare resistenza.
“Ti odio...” ansimò lei mentre lui la baciava e la spogliava “... e odio me stessa...”
“Prima ti accarezzavo con questo...” posando un fiore lui tra i suoi seni bianchi “... l'ho colto mentre venivo da te, dopo aver mollato dignitari e cortigiani vari... il tiglio nel linguaggio dei fiori ha un significato particolare... ed è la miglior risposta alle tue paure ed ai tuoi dubbi...” e la baciò di nuovo.

Quella visione svanì, così com'era venuta, appena Damasgrada smise di vibrare.
“Tutto bene, Clio?” Fissandola Fria. “Mi sembri strana?”
Ma quella visione ed il suo fiore erano vivi nella mente della ribelle.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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