Capitolo III: Il libertino e il sognatore
“Lo chiameremo Le Furberie di Scaramouche, e se al pubblico di Maure e Papriac non verrà il mal di pancia per le risate, allora in futuro reciterò nella parte dello stupido Pantalone.”
(Rafael Sabatini, Scaramouche)
Altea trovò una stanza per passarvi la notte e una volta dentro cominciò a ballare da sola.
La sera intanto era giunta ed i muratori avevano lasciato quel grosso ed antico cantiere a cielo aperto.
Tuttavia quel maestoso rudere, anche a causa della pioggia che aveva cominciato a scendere con una certa intensità, non era avaro di scricchiolii e spifferi, suscitando nella bella gitana sempre la sensazione che qualcuno potesse giungere da lei da un momento all'altro.
Ozil su tutti, naturalmente.
L'eccentrico ed esuberante marchese però, avendo constato come Altea non fosse affatto una dama facile come lui sperava, restò in un'altra stanza a mangiare da solo un po' di pane con del salame.
Trascorse un'ora ed il buio ormai regnava sovrano, visto che la torcia della gitana andava spegnendosi mestamente.