Milady, un dono ancora... grazie.
Struggente e tenera leggenda e commovente il commento, perché lì dove la leggenda sfiora l'immaginazione, è invece reale la sensazione dello scrittore.
Vi dirò, non amo molto le citazioni, in questo caso vorrei avvalermi del commento di A.Bon, ma la delicatezza dell'autore da voi riportato mi lascia senza fiato, e mi ricorda una sensazione avuta con una lettura completamente diversa nella quale l'immaginazione la si poteva toccare come viva.
Mi riferisco a quanto asserisce Zeno, o meglio, a quello a cui lo conduce Svevo. Tratte le conclusioni delle sue "memorie", Zeno scrive: "E così, a forza di correre dietro a quelle immagini, io le raggiunsi. Ora so di averle inventate". Questo è un po' quello che può provare l'autore quando asserisce che nel ricordare egli sta solo sognando. Le immagini così vive da sembrare risorte dal passato sono solo l'aura di un sogno per lui, con tutto lo sconforto che ne può derivare.
Eppure... se io potessi rispondere a Cannarella vorrei usare le parole dello stesso Zeno quando conclude: "Ed ora che cosa sono? Non colui che visse ma colui che descrissi."
Ed il signor Cannarella ha descritto con tale grazia il cavaliere che egli sarebbe stato per salvare quella fanciulla che meriterebbe davvero di convincersi, senza timore di turbare o rattristare la principessa, che se avesse potuto raggiungere quella roccia come il cavaliere giunto a salvarla, ella avrebbe smesso di piangere e gliene sarebbe stata grata.
Perché nulla è più vero dell'immaginazione del vivere la vita che si è immaginata.
Perdonate, milady, forse i miei vi appariranno pensieri sconclusionati, ma a me piace credere che certe leggende per tristi o dolorose che siano, quando evocate si impreziosiscano di grazia e dolcezza.
E il bacio di Cannarella ne sarebbe l'espressione più elevata (perché confido che un giorno o l'altro lo faccia davvero

).