“<< Degno padre>> replicò il cavaliere << sono un povero viandante sperduto in questi boschi, e vi do l'occasione di esercitare la vostra carità e ospitalità.>>”
(Walter Scott, Ivanhoe)
“Sterminarli...” disse Biago “... e come? Come faremo a tener testa a quei maledetti uccelli?”
“Li attireremo fuori dal maniero.” Fece Ardea.
“Si, buon piano...” sarcastico Biago “... li attireremo fuori proponendoci loro come pasto.”
“Vedi che quando ragioni sei un ottimo alleato?” Ridendo Ardea. “Hai appena avuto un'ottima idea.”
“Che idea?” Incuriosito lo scudiero.
“Ci occorre qualcosa...” guardandosi intorno il Taddeide “... un'esca per attirarli fuori... qualcosa che stuzzichi il loro appetito...”
“Ma se qui vi sono solo fame e miseria!” Esclamò Biago.
“Dobbiamo trovare qualcosa lo stesso.” Perentorio Ardea.
E proprio in quel momento, in lontananza, i due scorsero qualcosa.
Un carretto che camminava svogliatamente lungo il confine della contrada.
“La Divina Provvidenza non abbandona mai!” Ardea, per poi spronare il suo Arante.
Raggiunsero così quel carretto.
A guidarlo era un frate.
Il religioso procedeva a passo lento, forse perchè ben conosceva il suo cavallo poco incline a lunghe faticate.
Aveva un aspetto gaio e fischiettava spensierato, scuotendo, di tanto in tanto, le redini con cui conduceva il cavallo per evitare che quella già dinoccolata andatura con cui procedeva il carretto divenisse apatica.
“Salute a voi.” Con un cenno del capo Ardea.
“Che Dio vi benedica, cavaliere.” Sorridendo il chierico.
“Posso domandarvi dove siete diretto?” Chiese il cavaliere.
“Provengo dal vicino convento di San Salvatore” rispose il frate “e sono diretto al mercato della capitale per vendere alcuni prodotti del nostro convento.”
“Che tipi di prodotti?” Domandò il Taddeide.
“Oh, di varie cose...” fece il frate “... ortaggi, verdure e una scrofa.”
E nel vederla Ardea e Biago si scambiarono una rapida occhiata, che in qualche modo era un segno d'assenso.
“Buon frate...” rivolgendosi poi Ardea di nuovo al religioso “... ecco a voi tre Taddei d'Argento.”
“E perchè mai, cavaliere?” Stupito il frate.
“Per San Salvatore.” Rispose il cavaliere. “E per la scrofa. Con queste monete comprerete un'altra scrofa e qualcos'altro per il convento.”
“In pratica...” mormorò il religioso “... volete comprare la scrofa?”
“Si.” Annuì Ardea.
“Per farne cosa, di grazia?”
“Per mangiarla.”
“Volete mangiarla?”
“Non noi.” Ridendo appena Ardea. “Voi la mangerete.”
“E perchè mai?”
“Rifiutate dunque un così succulento pasto?”
“No di certo” scuotendo il capo il religioso “ma converrete con me, cavaliere, che la cosa è un po' curiosa. Non vi pare?”
“Non temete, buon frate.” Tranquillizzandolo Ardea, per poi aiutarlo a scendere dal carro. “Non vi stiamo proponendo nulla che non possa poi essere definita una buona azione.”
“Mangiare è dunque divenuto un fioretto o un atto di penitenza?” Incuriosito il chierico, dopo essere sceso dal carro. “La gola è pur sempre uno dei Sette Peccati Capitali, vi rammento.”
“Il Buon Dio Onnipotente” replicò Ardea “non vi condannerà per questo, non temete. Vi do la mia parola che mai pasto fu ritenuto più meritevole di riconoscenza Cristiana di quello che vi accingete a consumare voi.” Aggiunse il cavaliere, per poi alzare lo sguardo verso il castello che dominava l'intera contrada.