Capitolo II: Il patto delle Civette
“Sono annoverato tra quelli che scendono nella fossa, sono come morto ormai privo di forza.”
(Salmo n. 88, Preghiera dal profondo dell'angoscia)
A quelle parole di Elisabeth, una figura emerse dalla penombra della stanza.
Era Tilde.
“Perdonatemi, milady...” disse la dama di compagnia “... non volevo disturbarvi... ma è giunto un novizio dal convento, a nome dell'abate... ha chiesto di voi, dicendo che è cosa urgente... in verità ha voluto attendere che vostro marito lasciasse il castello per parlarvi...” mostrò un lieve inchino e fece entrare il novizio.
“Salute a voi, lady Elisabeth...” fece questi “... sono venuto qui per ordine dell'abate... al convento è giunto un nuovo malato... ma non è come gli altri... è pazzo... l'abate teme però per la sua incolumità... infatti il povero demente nel suo folle delirio afferma di aver veduto l'Arciduca... di averlo visto tre giorni fa... e l'abate teme che queste sue farneticazioni possano attirargli le accuse dei militari e dunque farlo finire in carcere... vi prego, venite al convento per aiutarci a nascondere quel povero pazzo...” aggiunse, fissando la bella moglie di De Gure.