“Non ascoltare il maligno, esso mischierà la verità con la menzogna per confonderti.”
(Antico Sermone)
Ardea e Biago, lasciato il monaco, si incamminarono verso il Monte dei Mulini.
Dal basso si potevano vedere alcuni alti mulini che sulla sommità della montagna muovevano silenziosamente al vento le loro pale vecchie e consumate.
Nessuno più infatti giungeva su quel monte, ormai divenuto la tana della terribile Vammata.
Il cavaliere ed il suo scudiero allora imboccarono uno stretto ed angusto sentiero che li avrebbe condotti fin su quella perduta montagna.
E più salivano, più l'aria si impregnava di umidità, di fetido odore e di un opprimente senso di morte.
Lungo il tragitto i due videro cimeli del terrificante e diabolico potere del mostro.
Corazze consumate dall'umidità, tuniche e giubbe rese brandelli dai morsi di cani e di ratti, armi spezzate, scudi sfondati e stemmi ormai sbiaditi ed incapaci di raffigurare il nobile blasone di chi li aveva perduti insieme alla vita.
Gli alti e secolari alberi che circondavano il sentiero sembravano come pietrificati da un antico incanto, rendendo quel luogo simile ad un'anticipazione dell'Ade.
“Sembra la via per giungere all'Inferno...” disse Biago.
“Già...” annuì Ardea “... come se vi dimorasse il demonio in persona...”
Continuarono allora il loro cammino, fino a quando la visibilità tutt'intorno divenne nulla.
Le nuvole infatti, basse e scure, si erano posate su quel monte con l'intento di confondere la realtà con l'inganno, di generare un mondo fatto di miraggi, di illusioni.
Proseguirono così seguendo la strada e ignorando cosa ci fosse intorno a loro.
Fino a quando cominciarono ad udire strani rumori.
Voci lontane e confuse, risate e pianti, sussurri e gemiti.
Poi Ardea, nell'udire tutto ciò, ebbe l'impressione di riconoscere qualcosa di familiare.
Era la voce di suo padre.
Lo chiamava per nome, disperato e dolorante.
Lo implorava di raggiungerlo e di aiutarlo.
E quando l'eroe fu sul punto di lasciare la strada e correre verso l'ignoto intorno a lui, a salvarlo fu il fedele Biago.
“Ardea!” Prendendolo per un braccio. “Nel buio e nell'incertezza si annida la tentazione. Non ascoltare questi tuoi spettri, ma pensa a compiere il tuo dovere.”
“Lasciami, è mio padre!” Gridò Ardea.
“Non è tuo padre.” Fissandolo Biago. “E' il male che cerca di confonderti. Perchè ti teme. Tu hai la Fede.”
Ardea chiuse gli occhi e respirò profondamente.
Si segnò tre volte, spronò il suo cavallo Arante e proseguì, seguito dal devoto Biago.
Alla fine riuscirono a raggiungere la cima del monte, dove vi erano i mulini abbandonati, con il loro sinistro scricchiolio.
Ed intorno a loro videro uno spettacolo disumano.
Brandelli di carne, lamine arrugginite di corazze sporche di sangue ed ossa ovunque alla mercé degli uccelli.
In quel momento uno spaventoso e bestiale grido si diffuse nell'aria, che gelò il sangue dei due temerari amici.
Ardea allora alzò lo sguardo e vide una caverna.
Come se fosse l'ingresso per un altro mondo.
Un mondo oscuro, remoto, dannato.
Un mondo il cui sinistro e peccaminoso lamento pareva echeggiare tra le più profonde ed antiche paure dell'uomo.
Era l'antro della Vammana.