Guanto, a quelle parole di Elisabeth, lasciò il polso della dama e mostrò un profondo, quanto sarcastico inchino.
“Oh, mi perdoni, milady.” Disse sorridendo. “Non era mia intenzione essere così audacemente invadente.” Guardò i suoi compagni e poi di nuovo Elisabeth. “Anche se... anche se non posso non invidiare coloro che hanno il permesso ed il privilegio di potervi toccare, signora.”
Tutti i suoi risero.
“Forse non avete compreso” all'improvviso una voce alle loro spalle “che milady non gradisce nulla da voi. Neanche la vostra irriverenza.”
Tutti si voltarono e videro un uomo avvicinarsi con fierezza verso di loro.
“Lord Gvineth...” mormorò Guanto “... è sempre un piacere...”
“Vi credevo la guardia del corpo di vostro fratello.”
“Infatti.” Annuì Guanto.
“E pensate che possibili suoi nemici si nascondano qui, in mezzo a queste dame?” Fissandolo Gvineth.
Guanto lo guardò con aria di sfida.
“Vostro fratello starà per cenare...” continuò Gvineth “... non vorrete farlo mangiare senza i suoi cani da guardia. A chi butterà gli avanzi e gli ossi?”
“Badate a ciò che dite, milord...” con rabbia Guanto.
“Andate vi dico.” Con tono deciso Gvineth.
“Dimenticate che non siete ancora il padrone qui...” fece Guanto “... dunque non potete darmi ordini...”
“Ordini?” Ripetè Gvineth. “Vi sto solo dando un consiglio. E fossi in voi lo seguirei. Andate ora.”
Guanto gli lanciò un'occhiata di disprezzo e poi andò via con i suoi compagni.
“Basta fare la voce grossa” mormorò Gvineth “e fuggono via come topi.” Si voltò verso Elisabeth. “Spero non vi abbiano infastidito troppo, milady. Questo palazzo è un po' troppo affollato per i miei gusti. Ma posso chiedere il vostro nome? Non mi sembra di avervi mai incontrata qui...” guardandola negli occhi.