“Ti ho sciolto da quel vincolo imposto su di te da altri.” Disse Guisgard ad Altea. “Dunque sei libera di amare e sposare chiunque tu voglia.” Sorridendole. “Ed una bella donna come te, oltretutto nobile, avrà di sicuro mille spasimanti.”
Poi arrivò Clio.
“Ehilà...” guardandola il presunto duca “... mai visto una mercenaria così! Mi sa che finirò per essere io la tua guardia del corpo, per difenderti da qualche malintenzionato!” Facendole l'occhiolino.
Poi, finalmente, scesero a terra.
Qui trovarono gli uomini del barone ad attenderli.
E con loro vi era una carrozza.
Il conducente pregò allora i quattro falsi mercenari di salire, per raggiungere la dimora del loro signore.
La vettura partì ed attraversò cigolante e a passo lento quella piana colma di lussureggiante vegetazione, ma anche densa di una fitta ed umida nebbia.
Quel luogo appariva sinistro e silenzioso, inquietante ed intriso di una velata apatia.
Gli uomini armati scortarono la carrozza con i loro cavalli e durante il tragitto Guisgard non proferì parola, limitandosi ad osservare il paesaggio circostante.
Infine, percorso un lungo e stretto sentiero, la vettura giunse in una fertile campagna, dominata da un'alta torre fortificata.
“Siamo giunti, signori.” Disse il conducente della carrozza.
Uno degli uomini suonò il corno e un attimo dopo davanti alla torre apparve una figura.
Era un servitore.
“Scorta questi ospiti dal signor barone.” Ordinò l'uomo che aveva suonato il corno a quel servo.