La cella era semibuia ed umida.
Un odore di aria insopportabile e chiusa aleggiava tra le rocce ed il muschio di quelle pareti, rendendo quel luogo opprimente.
Guisgard e Pepe se ne stavano accanto alle sbarre di ferro, immobili, con lo sguardo perso nella penombra, tra mille e più pensieri.
Clio invece era seduta a terra, afflitta a fissare il vuoto di quella cella.
Poi, ad un tratto, il freddo umido che rivestiva quelle pietre per un momento svanì.
Guisgard si sedette dietro di lei, adagiando ciò che restava del suo mantello, lacerato per i lavori, sotto le gambe della ragazza e portandola con la schiena contro il suo petto, stretta fra le sue braccia.
“Sarai anche dannatamente seducente con questa corazza” disse lui piano ad un orecchio di lei “ma questa cella è troppo umida e fredda per lasciarti così.”
E in quell'abbraccio prese poi le mani di lei nelle sue per scaldarle.
“Quando giunsi dal maestro” sussurrò “chiesi subito di quel luogo e di chi vi abitava...” sorrise piano “... ricordo che bersagliai il maestro di domande di ogni tipo... poi la sua governante, madama Aglett, mi parò di te... di una ragazzina che amava fare il maschiaccio... e mi incuriosì subito... infatti la sera nella mia camera non feci altro che pensare a come potevi essere...” rise appena “... arrivai persino a sfogliare qualcuno dei libri del maestro che trovai nella mia camera... cercavo di scoprire se esistessero eroine guerriere... e così passai in rassegna Clorinda, Brunilde, comprese tutte le Amazzoni e le Valchierie...” le mani di lei erano sempre in quelle di lui “... ma più di tutto mi incuriosiva il tuo aspetto, il tuo volto soprattutto... così, un momento ti vedevo come un'eroina classica... e un momento dopo invece ti immaginavo più eterea o selvaggia, come le donne dei racconti celtici e gotici... ma, al di là di tutto, di una cosa ero sicuro... che dovevi essere bellissima... di una bellezza particolare, diversa da tutte le altre ragazze... e scioccamente mi addormentai cercando di capire come si potesse conquistare il cuore di un'eroina così...” la testa di Clio era china sul petto di lui e la ragazza poteva sentirne il respiro.
E a poco poco la dolce penombra, le parole di lui, le sue carezze, l'atmosfera divenuta di colpo serena portarono la piratessa a seguire i sussulti del petto di lui, fino a quando i due ebbero quasi il medesimo respiro.
“Non so...” mormorò Guisgard “... ma stanotte una cosa mi assilla... quella cioè di non averti mai detto quanto mi apparisti bella poi la prima volta che ti vidi... e come lo sei tutte le volte che ancora oggi mi fermo a guardarti, Clio...”