IL DONO DEL CERVO
(A.Branduardi - L.Zappa Branduardi)
"Dimmi, buon signore
che siedi così quieto
la fine del tuo viaggio
che cosa ci portò?
Le teste maculate
di feroci tigri,
per fartene tappeto le loro pelli?
Sulle colline
tra il quarto e il quinto mese,
io per cacciare,
da solo me ne andai.
E fu così che col cuore in gola
un agguato al daino io tendevo,
ed invece venne il cervo
che davanti a me si fermò.
E fu così che col cuore in gola
un agguato al daino io tendevo,
ed invece venne il cervo
che davanti a me si fermò.
"Piango il mio destino,
io presto morirò
ed in dono allora
a tee io offrirò
queste ampie corna,
mio buon signore,
dalle mie orecchie tu potrai bere.
Un chiaro specchio
sarà per te il mio occhio,
con il mio pelo
pennelli ti farai.
Se la mia carne cibo ti sarà,
la mia pelle ti riscalderà
e sarà il mio fegato
che coraggio ti darà.
E così sarà, buon signore,
che il corpo del tuo vecchio servo
sette volte darà frutto,
sette volte fiorirà."
Dimmi, buon signore
che siedi così quieto
la fine del tuo viaggio
che cosa ci portò? ...che cosa ci portò?"
Ne “Il dono del cervo”, uno dei brani più toccanti e significativi della discografia branduardiana, un nobile signore, tornato da una battuta di caccia, racconta il sorprendente incontro avuto con un cervo.
L’animale gli parla: presto dovrà morire, ma prima si donerà interamente al signore. La carne, allora, sarà cibo; la pelle, riscalderà; il fegato porterà coraggio… I doni del cervo sono sette e per sette volte rifioriranno rinnovandone la vita.
La figura del cervo è da sempre ricca di significati simbolici: le corna, messe in relazione al sole, per le loro ramificazioni, spesso venivano poste nelle tombe perchè si credeva avessero il potere della resurrezione. Rappresentava anche un dio dei boschi: il guerriero che avesse trovato la tomba di un cervo, avrebbe sempre avuto una guida per il suo cammino…
La magia di questa favola, in ogni caso, è legata in misura uguale alla musica che la racconta: la voce si fonde con gli strumenti che accrescono la loro intensità nel momento dell’incontro e nelle parole del cervo, per poi acquietarsi al termine della narrazione.
E la malinconica dolcezza che rimane, non puo’ lasciare indifferenti.
Taliesin, il Bardo
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"Io mi dico è stato meglio lasciarci, che non esserci mai incontrati." (Giugno '73 - Faber)
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