Per le strade del piccolo borgo di pescatori si assisteva al vivace viavai di quella brulicante folla, impaziente di assistere alla nuova esecuzione.
C'è da dire che molta di quella piccola ressa era gente arrivata da fuori, come marinai di passaggio per qualche scalo verso la terraferma, pescatori giunti dalle isole vicine per l'imminente mercato e facoltosi borghesi incuriositi nel vedere come la giustizia umana si sostituisse all'Altissimo.
E naturalmente soldati.
Per le strette stradine si udivano poi i commenti più disparati, alcuni sentiti, altri pronunciati tanto per dire, com'è spesso portata a fare la natura dell'uomo quando non si è coinvolti in prima persona nei fatti, spesso tragici, di cui ci occupiamo.
Così qualcuno nel parlare dei tre condannati si mostrava intransigente, lodando la giustizia e biasimando il crimine in ogni sua forma, mentre altri invece, benchè consapevoli delle loro colpe, invocava perlomeno il Perdono Divino per quei rei, giusto per esternare quel sentimento di Fraterna Cristianità che siamo spesso portati a muovere verso chi non conosciamo e che altrimenti neghiamo a coloro che vivono in più stretto rapporto con noi.
E fra l'estenuante attesa per l'esecuzione, le botteghe dell'isola, come sempre, cercavano di trarre vantaggio da tutto ciò, grazie alla presenza di potenziali nuovi clienti.
Così, in un affollato salone di barbiere, un prete prese posto sulla seggiola davanti allo specchio.
“Ci risiamo...” disse il barbiere affilando il suo rasoio “... prima il rullo di tamburi, poi la corda che viene tesa dal pennone, la botola che si apre di colpo ed un altro di quei pirati resta a penzolare col collo rotto.”
“Già, molto monotono.” Portando la testa all'indietro il prete.
“Oh, troppo complicato tutto ciò...” fece il barbiere “...mentre invece basterebbe un bel rasoio affilato, un colpo secco... e zac!” Agitando il rasoio sotto gli occhi del chierico.
“Ehi, piano!” Fissandolo questi.
“Non temete, padre...” sorridendo il barbiere e cominciando ad insaponare il viso del prete “... ma potessi io fare la barba a qualcuno di quei pirati... vero, Jeac?” Voltandosi verso il suo garzone.
“Si, padrone!” Ridendo quello. “E ne vedremmo delle belle!”
“Già...” annuendo il barbiere “... eh, se potessi avere fra le mani quel misterioso mostro... saprei spellarlo io. Che sia un serpente di mare o anche una grossa balena.”
“Che cosa?” Incuriosito il prete.
“Non lo sapete?” Cominciando a raderlo il barbiere. “Si racconta che il ducato sia infestato da un misterioso mostro...”
“Che mostro?” Chiese il prete.
“Eh, questo è il mistero!” Rispose il barbiere.
E proprio davanti alla porta di quel salone, all'imbocco di un piccolo ponticello che conduceva al molo, Clio, nei panni della sensuale Vivian, aveva incontrato quello che era considerato l'asso della Marina Capomazdese.
“Una ragazza bella come voi” Velv all'Angelo della Tempesta “credo sia intimamente legata al termine guai.” Sorrise, per poi avvicinarsi. “Non è certo colpa vostra. E' la bellezza a suscitare negli uomini simili sensazioni. La bellezza di Elena, quella delle Sabine, persino quella della regina Ginevra. La bellezza ha sempre portato conflitti fra gli uomini.” Rise appena. “E voi? Cosa ci fa una così bella Ginevra qui senza un Lancillotto?”
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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