Clio entrò nella sua stanza.
Pregò allora gli dei, invocandone la protezione, per poi andare a letto.
Era stata una giornata lunga, fatta di pensieri, dubbi e paure.
C'era stata poi la lotta con Dort che aveva sottratto al suo fisico le ultime energie.
E così, appena toccato il letto, la stanchezza la vinse definitivamente.
Le ultime cose che udì furono le risate di Vortex e la voce di Astus quando l'omone immerse la testa di Guisgard in un secchio colmo d'acqua.
Poi Clio cadde addormentata.
Sognò immagini sfuggenti, indefinite, vaghe, a tratti grottesche.
La bestia, la gente di Solpacus, Gvin e le tante vittime disseminate per la foresta.
Poi la corte di Afravalone, suo padre e i senatori.
Poi ancora Maria, finita chissà dove, Scotir e infine Karel.
Fu un sonno inquieto per la ragazza.
E forse per questo si svegliò di colpo, ritrovandosi avvolta nel silenzio della sua stanza e immersa in una tenue penombra animata dall'alone lunare che lambiva la finestra.
O forse non erano stati quei sogni a svegliarla così all'improvviso.
Udì infatti dei rumori provenire da fuori, come se qualcuno avesse tentato di entrare dalla porta chiusa.
Poi di nuovo silenzio.
Ma dopo un po' ancora quei rumori.
Allora una sagoma apparve sulla finestra.
Aprì il vetro senza difficoltà e in un attimo la scavalcò, raggiungendo poi il letto della ragazza.
Il pallore lunare allora sfiorò quella sagoma e Clio riconobbe i suoi occhi chiari e luminosi, i capelli scuri, mossi e spettinati, l'espressione cupa e tenebrosa.
Fu un attimo e Guisgard si avvicinò.
Accarezzò le sue braccia, poi il viso e un istante dopo le sue mani erano ovunque, con quegli occhi chiari e tormentati fissi in quelli di lei.
Ma poi, all'improvviso, quelle mani raggiunsero la sua veste e la strinsero, per poi strapparla in più più parti.
Quei brandelli di tessuto, caldi e morbidi, scivolarono così, come una lunga e soffusa carezza, sulla pelle di lei.
Clio ora era completamente nuda davanti a lui.
E Guisgard la guardò a lungo, la guardò tutta.
Le sue dita le sfiorarono il viso e poi scesero giù, spostando, con un tocco leggerissimo, i lunghi capelli che le coprivano il petto.
E così le sue dita furono talmente vicine ai suoi seni che la ragazza avvertì un profondo brivido che le attraversò ogni parte del corpo.
“Dio, quanto sei bella...” disse in un sussurro Guisgard, senza riuscire ad alzare gli occhi da quel corpo nudo “... quanto sei bella, Clio...”
Solo la fioca luce della Luna e quella dei suoi occhi chiari ormai coprivano quel bellissimo corpo.
E quando fu sul punto di chinarsi su di lei, Guisgard si fermò all'improvviso.
Clio sentiva ormai il respiro del cavaliere sulla sua pelle.
Lui la fissò ancora.
Ovunque.
Poi, con un gesto delicato, prese le lenzuola e la coprì.
“Perdonami...” mormorò piano “... io... perdonami, ti prego... non accadrà più... non accadrà più una cosa simile...”
Quasi a fatica si staccò da quel letto, indietreggiando verso la finestra, senza però voltarsi e continuando a guardare Clio.
Un lungo respiro e poi scivolò dall'altra parte della finestra.
La scavalcò e svanì nella notte.
Come rapito dal pallore della Luna.
Lasciando Clio nuda sotto quelle bianche e morbide lenzuola.