Elisabeth uscì da quel luogo e Flees la segui, ritrovandosi così entrambi fuori nella notte.
Lei poi si spogliò completamente davanti a lui.
Flees restò quasi incredulo a quella meravigliosa scena e a ciò che disse la maga.
Allora si chinò, inginocchiandosi ai suoi piedi.
“Perchè” disse piano, quasi in un estatico sussurro di piacere “dici che a me non importa nulla? Non vedi? Muoio per te... e ora sono qui ai tuoi piedi come l'ultimo degli schiavi, mia bella zia...” accarezzandole le caviglie e i piedi “... o forse dovrei chiamarti padrona?” Sorrise.
Allora raccolse il vestito e lentamente cominciò a rivestirla.
Lo faceva piano, dolcemente, senza pudore.
E nel farlo la toccava ovunque, accarezzando ogni parte del suo statuario corpo.
E più la toccava, più la fissava.
La guardava negli occhi.
E continuava a toccarla, come lo scultore che modella la sua opera.
Toccarla piano, ma con passione, impeto, come fosse un antico rito di fertilità.
Fino a quando Elisabeth fu di nuovo coperta dal suo abito.
“Chissà se la mia signora è soddisfatta...” mormorò il giovane cavaliere.
Ma in quel momento si udì un nuovo rintocco di campana.
Come fosse un segnale di qualcosa.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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