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Vecchio 23-05-2014, 02.17.06   #2000
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Cavaliere della tavola rotonda
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Elisabeth si sedette su una panca, resa inquieta da quella situazione che sembrava spingerli in un labirinto continuamente in movimento.
Ma su quella panca la maga avvertiva gli sguardi del suo giovane nipote su di lei, sui suoi abiti, sul suo corpo.
Come se la stesse spogliando con gli occhi.
E sapendo che poco prima lui l'aveva vista completamente nuda d'avanti a lui, allora la sensazione di apparire così anche adesso ai suoi occhi era fortissima.
Si era vestita in fretta e furia, con l'aiuto di lui e non tutti i lacci e i bottoni erano stati stretti o chiusi a dovere.
Così, diverse parti del suo corpo, con pochissimi movimenti improvvisi, potevano in un attimo scoprirsi.
Come la scollatura dell'abito che a fatica riusciva a coprire la sua generosità e la sua bellezza.
Come se bastasse un leggero soffio di vento per far volare via ancora una volta quel vestito e mostrarla di nuovo completamente nuda.
Flees la fissava e lei poteva leggere un folle ed irrefrenabile desiderio negli occhi di lui.
A tratti sembrava quasi che il suo giovane nipote potesse non resistere alla voglia di raggiungerla e strapparle via quegli abiti, per poi prenderla là, davanti a suo marito.
Poi si avvicinò a lei, sedendosi a terra, accanto alla sua panca, restando così quasi inginocchio ai piedi di lei.
E con la mano, di tanto in tanto, le sfiorava le caviglie, per poi accarezzarle i polpacci, senza che Daizer si accorgesse di nulla, intento com'era a cercare una soluzione per la loro enigmatica ricerca.
Il campanaro invece appariva confuso.
Forse avevano preteso troppo da lui.
Infatti cominciò a ripetere, come una cantilena, centinaia e centinaia di nomi che aveva imparato a memoria osservando ogni giorno, per chissà quanto tempo, le lapidi di quel cimitero.
Ma fra quei nomi non pronunciò mai quello di Tomino.
“Forse potrà esserci più d'aiuto il prete...” disse Daizer a sua moglie “... magari conosce il nome del maniscalco... credo arriverà verso l'alba e noi lo aspetteremo qui, che mi sembra un posto tranquillo e sicuro.” Si sedette su ciò che restava di una vecchia tavola di pietra. “Io intanto mi accomoderò qui, perchè tutta questa faccenda mi sta spossando...”
“Riposatevi anche voi, cara zia...” fece Flees, sempre seduto ai piedi della panca “... avete dormito poco prima... non temete, se vi occorre qualcosa ci penserò io...” con tono devoto e servile, come quello di uno schiavo dedito alla sua padrona.
“Bene.” Mormorò Daizer. “Sembra che l'unica autorità che il tuo irriverente nipote riconosca sei tu, Elisabeth. Non male, un po' di umiltà gli farà bene.”
Flees non rispose nulla, limitandosi a fare l'occhiolino alla sua bella zia.
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