Il giorno trascorse in fretta e gli uomini di Clio si diedero un gran da fare nel procurare l'occorrente per il piano stabilito.
Così mentre Nestos terminava di preparare il suo letale veleno, Borel, Dort e gli altri andarono a caccia di selvaggina per la foresta.
Verso il crepuscolo si ritrovarono tutti alla locanda.
Tutto era pronto per il loro piano.
Nestos era riuscito ad ottenere una buona quantità di veleno, sufficiente per infettare la selvaggina ed ungere le punte delle loro frecce.
Poco dopo la falsa compagnia di mercenari lasciò la città e si addentrò fin nel cuore della foresta.
In breve il piano fu attuato.
Clio tornò così ad impersonare il ruolo di esca, vestendo i panni di un'indifesa fanciulla tutta sola in una radura irregolare nei pressi di uno stagno.
Un po' ovunque era stata sparsa la selvaggina infetta.
Intorno a lei, ben nascosti nell'oscurità, i suoi compagni, armati di frecce avvelenate, attendevano l'evolversi della situazione, naturalmente pronti ad intervenire.
Vortex, appostato tra due robusti noci e armato di una pesante mazza ferrata capace di tramortire un toro, scrutava l'oscurità silenziosa ed opprimente di quel luogo, con gli occhi del predatore paziente in attesa della sua preda.
Gli inseparabili Motrus e Trastis, muniti delle loro letali spade, attendevano invece presso lo stagno, nel caso la bestia scegliesse quel passaggio obbligato come via di fuga, visto che il veleno preparato da Nestos, come lo stesso medico aveva spiegato, procurava un insopportabile senso di calore.
I più vicini a Clio, ma attenti a restare ben celati fra la vegetazione, erano invece Scotir e Nestos, con quest'ultimo dotato di una piccola lanterna di sua invenzione, capace di abbassare e alzare, secondo l'occorrenza, la luminosità.
Tutti gli altri invece, ossia Borel, Dort, Ertosis e Porturos, si trovavano sparsi tra i cespugli muniti delle loro letali frecce avvelenate.
Tutti dunque erano pronti ad accogliere la misteriosa bestia.
Trascorsero così circa quattro ore.
“Questo non è attendere...” disse Porturos agli altri appena scoccata la quinta ora di veglia “... è morire di noia...”
“Sta zitto...” bisbigliò Borel “... vuoi che quel cinghiale avverta la nostra presenza?”
“E se quel dannato invece fosse andato in cerca di altre prede?” Fissandoli Ertosis.
Ma proprio in quel momento accadde qualcosa.
Prima un calpestio sul pietrisco, poi un rumore indefinito fra le fronde.
“Avete sentito?” Dort agli altri, guardando poi nel punto in cui si trovava Clio.
Un attimo dopo proprio la ragazza, fissando il buio circostante, si accorse di qualcosa.
Una grossa e lenta sagoma, informe e scura, si muoveva guardinga tra la vegetazione.
Sembrava attirata lì da qualcosa.
Infatti, passato qualche istante, cominciò ad avvicinarsi alla selvaggina avvelenata sparsa nella radura.
E iniziò a mangiarne.
“E' fatta!” Esclamò sottovoce Scotir, guardando poi Nestos.
Ma in quello stesso momento uno degli uomini nascosti calpestò un ramo secco sul terreno.
E quel rumore destò la misteriosa sagoma che mangiava la selvaggina.
Nestos allora, vinto dalla curiosità, alzò la luminosità della lanterna e la puntò diritta verso quella sagoma.
La luce però raggiunse a stento il suo obbiettivo, illuminando solo gli occhi di quella creatura.
Occhi che solo Clio arrivò a vedere bene.
Occhi carichi di rabbia e odio primordiale.
E fissando quella luce, quell'animale lasciò che un sinistro e stridente latrato si diffondesse nella radura, gelando il sangue di Clio e dei suoi compagni.