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Vecchio 19-04-2014, 03.08.57   #1476
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Cavaliere della tavola rotonda
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Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Quadro III: La bestia di Solpacus



“A quella stessa Provvidenza, figli miei, vi raccomando, e per eccesso di precauzione vi esorto ad astenervi dall'attraversare la brughiera in quelle ore della notte in cui maggiormente si scatenano le Potenze del Male.”

(Sir Arthur Conan Doyle, Il mastino dei Baskerville)


Lord Corsionne era stato per tutto il giorno di pessimo umore.
Da uomo ricco e potente, favorito del re ed imparentato con i nobili duchi Capomazdesi, come tutti i grandi del tempo soffriva di quelle predisposizioni a cui soventi erano soggetti simili animi, ossia la boria e quella curiosa facoltà, tipicamente Afravalonese, che spinge un uomo colto ad atteggiarsi a mecenate nei confronti di tutti coloro che gli vivono accanto.
Ma l'inaspettata visita di Guisgard mutò subito la sua indole, allietandolo con i suoi omaggi.
Questo perchè l'accento e i modi di quel cavaliere gli rammentarono la sua amata terra e la sua gioventù, duplice ricordo che mette sempre di buon umore l'uomo di ogni età.
Così i due, insieme ad Aust, presero posto alla tavola di noce al centro della sala, dove i servitori portarono loro un dolciastro elisir aromatizzato alla cannella e fiori d'arancio.
“Allora dimmi...” disse il vecchio nobile a Guisgard “... cosa ti spinge da queste parti?”
“Sono in partenza, milord.” Fece il cavaliere.
“Lo vedo.” Annuì Corsionne. “E dove sei diretto?”
“A Sygma, signore.”
L'immediata risposta da parte del nobile a quelle parole fu uno sguardo obliquo a stento visibile sotto quelle sue folte sopracciglia.
“Terra incantevole, non c'è che dire.” Mormorò poi. “Di certo attraente per la sua storia, la sua arte e la sua carne, apprezzata come poche altre cose a questo mondo.”
Guisgard sorrise.
“Ma dubito” continuò Corsionne “che siano queste cose ad attrarti ancora lassù.”
“Mi giudicate dunque animo così poco incline alle bellezze, milord?” Continuando a sorridere il cavaliere.
“Tutt'altro, ragazzo mio...” sorseggiando dal suo bicchiere il nobile “... temo di conoscere invece molto bene l'effetto che le bellezze di quella terra hanno su di te...”
“Beh...” mormorò Guisgard “... per dissipare ogni vostro dubbio, l'unico motivo che mi spinge a tornare là è di far valere i miei diritti sulle terre di mio zio, milord.”
“E in che modo intenti far valere questi tuoi presunti diritti?”
“Presunti, signore?” Ripetè Guisgard.
“Ragazzo mio, ascoltami...” fece il nobile “... il Tempo e la distanza sono ambasciatori pochi efficaci ed inclini a fomentare la dimenticanza negli uomini. Inoltre i loro trattati spesso divengono effimere pretese... sono passati anni da quando tuo zio lasciò quella terra... dovresti rammentare il giorno della vostra partenza...”
“Perfettamente.” Disse il cavaliere. “Era il giorno di Santa Lucia, signore.”
“Un feudo su cui nessuno per quattro anni avanza pretese, beh, diviene alla mercé di tutti.” Fissandolo Corsionne. “A Sygma detestano i Capomazdesi. A quest'ora temo che le terre di tuo zio saranno state assegnate a qualcun altro, forse un borghese o addirittura ad una città. Da quelle parti i comuni indipendenti sono sempre più ambiziosi. E se tornerai a rivendicare ciò che un tempo fu della tua stirpe, beh, potresti trovare più di un ostacolo. E a quanto vedo sei solo. Non si può partire alla ricerca di una terra senza un esercito.”
“Io non sono in guerra, milord.”
“Le guerre” sentenziò Corsionne “e l'amore richiedono sempre una lotta ed una conquista.”
“Non comprendo, milord...” bevendo Guisgard.
“Invece hai capito benissimo, ragazzo mio...”

Guisgard era seduto su una piccola panca di pietra, circondato da un roseto i cui bulbi apparivano simili a gemme screziate.
Sulla sua testa, che quasi ne celava la figura, passava un piccolo arco in muratura coperto dai rametti intrecciati di un salice che, rischiarato ed ingentilito dal lieve alone lunare, pareva animare l'acqua guizzante di una fontanella con i suoi ambrati riflessi di luce.
“Luna...” sussurò, accompagnato dalla musica della sua ocarina “... chissà quante rime, quanti versi salgono ogni notte fino a te... ma so che molti, dopo un po', si stancano di parlarti, attraverso la quiete ed il buio, tra lo scintillio delle stelle e la dolce malinconia del vento...” suonò ancora la sua ocarina “... lo so...” riprese “... non è facile parlare al silenzio e tu sai ascoltare, ma non rispondi quasi mai... io però non sono come gli altri... io no...” altre note “... io so aspettare... perchè so che dietro il tuo silenzio, Luna, poi nasce sempre un fiore... e a quel fiore so già che nome dare... forse è un fiore d'acacia, simbolo dell'amore segreto... il più forte di tutti gli amori... fatto di silenzio e solitudine... e chi sa amare di più, di colui che solo e silenzioso resta a fissarti, Luna?” E la sua ocarina suonò ancora.
Poi un lieve rumore ed il cavaliere alzò subito gli occhi verso quel balcone.
C'era una ragazza.
“Finalmente...” disse lui piano.
“Chi c'è?” Chiese lei.
Guisgard allora si alzò e si mostrò al pallore lunare.
“Perdonate se vi ho svegliata...”
“Non dormivo ancora...” fissandolo lei “... ero uscita a vedere le mie piante ed ho udito...”
“Perdonate, parlavo tra me e me...”
“No, parlavate alla Luna...” disse lei “... erano parole bellissime...”
“Erano per voi...”
“Ma se neanche mi conoscete?”
“Io vi vedo tutte le sere...” sorridendo Guisgard “... vedo la vostra figura che guarda le piante attraverso le tendine, o che esce a passeggiare per un momento su quel balcone, o che resta a fissare malinconica le infinite stelle delle notte... vengo qui ogni sera e resto a fissarvi tra quelle piante, o tra le bianche pieghe delle tendine... posso dire di sapere ormai tutto di voi...”
“Davvero?” Fece lei. “Solo da qualche sguardo rubato?”
“Gli sguardi preferiti degli innamorati...”
“Siete abile con le parole...” sorridendo lei “... troppo temo...”
“Eh, dal vostro sorriso sono io a temere...”
“Temere cosa?”
“Che mi riteniate, non so... un farfallone? Un Don Giovanni?”
“E' così importante il giudizio di una sconosciuta, messere?”
“Ma se vi ho appena detto che conosco tutto di voi...”
“Di quella che spiate su questo balcone?”
“Di quella ragazza che adoro su quel balcone...”
“Magari non ero io.”
“Davvero?” Stupito lui. “E' così trafficato dunque il vostro balcone?”
“Magari avete visto mia nonna, messere.”
“Allora dite a vostra nonna che è la donna più bella che io abbia mai visto” sorridendo ancora lui “e che sono innamorato perso di lei!”
Lei rise appena.
“Di nuovo quella vostra espressione...” mormorò lui.
“Quale?”
“Quella che pensa io sia un donnaiolo...”
“E non lo siete?”
“Vedete...” disse lui “... gli uomini si dividono in due categorie... i Tesei ed i Persei...”
“Interessante...” divertita lei.
“I primi, proprio come l'eroe Teseo, sono soggetti a frequenti innamoramenti e dunque non inclini mai a trovare il Vero Amore...”
“E i secondi?”
“I secondi, come invece il mitico Perseo, si innamorano davvero di una donna e poi sanno amarla per tutta la vita... infatti Perseo e la sua Andromeda videro il loro Amore reso immortale dagli dei... basta guardare le loro costellazioni fra le stelle...” indicando lui il firmamento “... e sapete che le stelle cadenti attraversano proprio la costellazione di Perseo? Per questo sono chiamate anche Perseidi... e quando cadono liberano i loro desideri sulla Terra... per gli innamorati...”
“Avete detto di conoscere il mio nome, messere...”
“Certo...” annuì Guisgard “... è stata la Musa a rivelarmelo...”
“Ebbene, ditemelo allora...”
“Lo farò in un biglietto...”
“Un biglietto?” Ripetè lei.
“Si, se mi permetterete di scrivervi...”
“Siete pazzo...” sorridendo ancora lei.
“E voi bellissima...” sospirò lui fissandola sorridente da quel suo balcone.


Guisgard si alzò dalla tavola, come a volersi riprendere da quel ricordo.
“Milord...” fissando il nobile “... a Sygma niente e nessuno mi sta aspettando... se non forse le terre che mio zio mi ha lasciato...”
In quel momento arrivò un servitore di Corsionne.
“Cosa accade?” Guardandolo il nobile.
“Milord, ci sono due emissari di Sua Grazia il vescovo.”
“Ieri era il Venerdì Santo...” posando il suo bicchiere Corsionne “... dovrebbero essere in chiesa a pregare per il Sabato e a vegliare per la Pasqua... falli passare.”
Un attimo dopo i due emissari furono nella sala.
“Allora?” Fissandoli il nobile. “In cosa posso servire Sua Grazia?”
“E' per la storia della bestia, milord...” rispose il messo “... ha ucciso ancora...”
“Ormai le vittime cominciano ad essere troppe, milord...” mormorò l'altro inviato.
A quelle parole Guisgard fissò stupito prima Corsionne, poi Aust.




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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO

Ultima modifica di Guisgard : 19-04-2014 alle ore 13.05.21.
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