Disattivato
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Uscii ritemprata dal palazzo.
Il giorno aveva ormai lasciato il posto alla sera, e una dolce brezza invernale mi scompigliava i capelli.
Mi addentrai nel giardino, un passo alla volta, assaporando il profumo dei fiori.
Giunsi così davanti ad un bivio, in realtà, dovevo andare in entrambe le direzioni, dovevo solo scegliere l’ordine.
Non fu per nulla difficile, svoltai a destra, addentrandomi nel boschetto dove giocavo da bambina.
Dopo qualche passo mi trovai di fronte ad un’antica costruzione, imponente ma intima: il tempio di famiglia.
Il fuco di due bracieri nella cella illuminava la grande navata centrale, adornata da colonne affusolate.
Il profumo dell’incenso rendeva l’aria carica di attesa e devozione.
Avanzai, un passo alla volta, verso la cella.
Era lì che avevo vegliato prima di ricevere solennemente le armi, istintivamente, sfiorai dolcemente il collo, ricordando la collata di quel giorno lontano.
Come se fosse possibile dimenticare un momento tanto atteso.
Ecco chi ero: un soldato, un guerriero, un cavaliere, un ufficiale, e una donna sì, certo, anche quello, ma soltanto dopo.
Le divinità rappresentate erano più che altro dei militari, e le mensole erano riempite dagli ex-voto dei miei antenati.
Una volta percorsa l’intera navata mi fermai, ad osservare l’imponente statua della signora di Atene, la mia protettrice, era bellissima, si diceva che avesse addirittura dei secoli. La Dea era raffigurata armata, fiera, con uno sguardo che sembrava potesse leggerti nell’anima.
Bruciai l’incenso mentre mormoravo una preghiera per il giorno successivo. Invocai la benedizione degli dei sulla mia spada, e su quel piccolo pugnale che avrei tenuto nascosto negli stivali, da usare solo in caso di sconfitta.
“Rendi forte il mio spirito, salde le membra, saggia la mano che maneggia la spada, felino l’intuito, lucida la mente..” pregai.
Alzai gli occhi sulla statua della dea, ma lei non era umana, non poteva vivere il mio conflitto.
Non mi aveva mai abbandonato, mi aveva seguito passo dopo passo. Ma i miti insegnano che gli eccessi vengono puniti, non si può essere devoti ad una divinità e trascurarne un’altra. Io potevo, certo, ero una fanciulla. Ma per quanto ancora mi sarebbe stato concesso?
Dopo aver completato il mio consueto giro di offerte agli dei guerrieri, uscii dal tempio.
Era giunto il momento di attraversare il giardino.
Da quanto tempo non visitavo il ninfeo? Quando svoltai l’angolo e lo vidi restai incantata.
I giochi d’acqua erano visibili anche nella pallida luce della luna appena sorta, rallegrati da fiori colorati.
Al centro della fontana, si trovava una splendida statua, che mio nonno raccontava essere la copia di una molto più antica, con una storia da raccontare.
Alzai lo sguardo su di lei.
“Ho tardato, lo so.. Mi stavi aspettando..” sorrisi “Sapevo che prima o dopo saresti venuta da me..” Alzai lo sguardo verso il cielo, e mormorai la mia prima, vera, preghiera ad Afrodite.
Pregai affinché l’uniforme che indossavo non mi impedisse di amare, o di essere amata.
Pregai, affinché riuscissi a trovare l’equilibrio tra il soldato e la donna.
Lasciai il palazzo di mio padre poco dopo, avvolta in un lungo mantello con cappuccio che celava completamente la mia uniforme.
Raggiunsi così la casetta dove avevo lasciato il principe Karel. Infondo, non era troppo tardi per una visita.
Ultima modifica di Clio : 03-02-2014 alle ore 22.16.44.
Motivo: Erroraccio storico..
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