Ieri è stato il giorno della Festività di San Michele Arcangelo ed anche quest'anno, per celebrarla, voglio narrarvi una vecchia storia che mi fu raccontata da piccolo...
Maddola è un'antica cittadina a Nord della capitale Capomazdese, posta ai piedi dei monti, dandole la possibilità di dominare con lo sguardo una ridente vallata.
Maddola è famosa in tutto il ducato, oltre e soprattutto per il culto dell'Arcangelo Michele, per la coltivazione delle castagne e di una rarissima e pregiata qualità di mele, unica nel suo genere, che cresce solo in queste zone.
E grazie al raccolto e alla vendita di questi prodotti, i Maddolesi possono dirsi benestanti.
La città ha la forma di un vasto borgo, con alte mura e torri di avvistamento sparse sulle pendici dei monti tutt'intorno.
Questo perchè in passato doveva permettere ai Maddolesi di potersi difendere da un terribile percolo: i Longobardi.
Questi invasori, infatti, a quel tempo erano Ariani ed avevano ancora costumi barbari, rozzi e violenti.
Assalivano le città, le saccheggiavano, portando via oggi cosa preziosa, insieme a donne e bambini, per poi bruciarle radendole al suolo.
Altre volte invece le conquistavano, vi si insediavano e rendevano la popolazione schiava.
Ecco perchè i Maddolesi stavano sempre in guardia.
La posizione della città permetteva loro di controllare l'intera vallata e al minimo segnale di pericolo avvistato dalle torri o da qualsiasi finestra di una delle abitazioni, si faceva suonare il campanile della chiesa e scattava l'allarme.
La porta della città veniva chiusa e ciò permetteva ai Maddolesi di respingere l'attacco dei feroci barbari.
Un anno il raccolto di castagne e di mele fu molto abbondante, per Grazia di Dio, permettendo ai Maddolesi di riempire molti più depositi del solito.
E proprio nel giorno di San Michele accade poi qualcosa.
Alcuni giovani aveva catturato una piccola civetta e la portarono in piazza per mostrarla a tutti.
Voleva impagliarla e metterla in bella mostra dove tutti potessero vederla.
I vecchi della città, però, essendo la civetta l'animale simbolo del casato dei nobili Taddei, questi ultimi consacrati proprio all'Arcangelo Michele, decisero di lasciarla andar via, proprio come dono per il loro Angelo Patrono.
E la civetta fu fatta volare via.
Quella notte, poi, una terribile tempesta scoppiò, tormentando l'intera vallata con lampi, tuoni, fulmini ed una pioggia fitta ed intensa.
I Maddolesi pensarono così che ciò fosse un segno assai fortunato.
Infatti in una simile notte non c'era pericolo delle scorrerie longobarde.
E così, senza organizzare i consueti turni di guardia, andarono tutti a letto, stanchi com'erano per aver da poco festeggiato proprio il giorno di San Michele.
Ma contro ogni aspettativa, dal buio della notte e dal furore della tempesta emersero le sagome minacciose dei terribili Longobardi.
Ancora oggi gli studiosi non sanno da dove derivi il loro nome, se dalle lunghe barbe che portavano o dalle micidiali alabarde con cui erano armati, ma fatto sta che proprio con il loro terrificante aspetto e le affilate armi che impugnavano raggiunsero in breve la porta della città che non era sorvegliata.
Ma proprio in quel momento le campane della chiesa cominciarono a suonare senza sosta, svegliando così tutta la popolazione.
I Maddolesi allora, accorgendosi di essere attaccati, raggiunsero subito le mura della città ed ebbero l'idea, anche un po' disperata, di prendere le ceste di castagne in esubero, di incendiarle e di gettarle poi giù dai bastioni.
Le castagne, ormai ardenti, appena raggiunsero il suolo cominciarono a scoppiettare come tante piccole bombe.
I rozzi Longobardi, davanti a questa scena, credendosi di trovare di fronte ad una nuova arma sconosciuta, scapparono via spaventati.
Cessato il pericolo, i Maddolesi corsero subito verso la chiesa, per scoprire che avesse suonato le campane proprio in quel momento, salvando così la città dalla rovina.
Raggiunta la chiesa, si accorsero che non vi era neanche il sacerdote e allora si chiesero chi avesse suonato le campane.
Salirono sul campanile e con loro grande meraviglia trovarono la giovane civetta liberata proprio il giorno prima, con gli artigli impigliati sulle corde ancora oscillanti delle campane.
Com'era stato possibile ciò?
Oggi, molti affermano che si trattò solo di un caso fortuito, in quanto il forte vento nella tempesta, a loro dire, aveva spinto via la civetta dal bosco, portandola verso la chiesa ed essa, per sfuggire alla furia del vento, si era tenuta con gli artigli sulle corde delle campane, facendole suonare incessantemente.
Che poi i Longobardi si trovassero in quel preciso momento alla porta della città, questa, dicono, era stata soltanto una coincidenza.
C'è qualcuno, almeno, che afferma proprio questo.
E forse la verità sta nel cuore di chi legge questa antica storia.
Ma la cosa importante è che quella notte, per un fortuito caso oppure no, Maddola riuscì a salvarsi dalla furia dei Longobardi.
E ancora oggi, davanti alla chiesa della città, vi è una civetta in ardesia scolpita per ricordare quell'evento.