Disattivato
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"Siete gentile, ma devo proprio andare.." dissi, infastidita dalle parole della donna.
La mia spada…
Allora l'aveva vista, l'aveva notata.
"Non dite così.." voltandomi a guardarla "…vedo che sapete bene come cacciare chi non vi aggrada.. salutate vostro marito da parte mia.. io devo partire, sono attesa a Capomazda, e sono già in ritardo, dovrò cavalcare notte e giorno.." mi voltai verso l'uscio e restai a guardare la pioggia.
"Vi saluto ora.." dissi.
Mi calai il cappuccio sulla testa e andai a prendere Ercole legato lì fuori.
"Vieni bello.. andiamo via.." sussurrai al mio fedele amico.
Montai in sella e mi diressi al galoppo verso la città.
Adoravo cavalcare con la pioggia, Ercole era esperto, e non avevo paura.
Sentire le gocce incessanti e taglienti abbattersi sul mantello, e sfiorare il viso mi dava uno strano senso di libertà.
Dovevo fuggire, quell'uomo mi aveva riconosciuta, ne ero certa, ero in pericolo.
Giunsi presto in città dove la gente cercava di ripararsi in qualche modo dalla pioggia.
Non sapevo dove andare.
E se alla locanda qualcun altro mi avesse riconosciuto?
Sembrava una follia ma, come avevo incontrato quell'uomo, potevano essercene altri.
E di certo non avrebbero difeso me.
Mi serviva un posto dove andare, un alleato, un amico.
D'improvviso, capii cosa dovevo fare, non avevo scelta.
Percorsi velocemente la città, col capo coperto dal pesante cappuccio nero, e tornai sulla strada da cui ero arrivata.
Benedissi il mio ottimo senso dell'orientamento che mi faceva ricordare alla perfezione ogni percorso che avevo fatto.
Era assai difficile che mi perdessi.
Alzai lo sguardo verso il palazzo davanti a me. Era imponente ma non sontuoso, era elegante e sobrio, ma c'erano delle guardie a sorvegliarne la porta, sopra di essa, lo stemma della fenice spiccava tra la decorazione.
Dov'è il giardino? Un palazzo senza giardino?
Mi augurai che avessero anche una residenza di campagna, vivere senza un giardino mi sembrava impossibile.
Smontai da cavallo e lo consegnai ad una guardia, ammonendolo di prendersene cura.
Salii la scalinata che portava all'ingresso principale, dove due guardie erano ferme, nel vedermi, spostarono lo sguardo fisso su di me.
"Desidero parlare con il conte Roberto Fiosari.." dissi, abbassando il cappuccio, ritrovando l'autorità nella voce che avevo cercato in tutti i modi di abbandonare "..è una faccenda personale e riservata.." aggiunsi, anticipando le loro domande.
Mi tolsi la catenina che portavo al collo e la diedi alla guardia.
Era di mia madre, un filo d'oro semplicissimo che reggeva un'orchidea, simboolo del suo casato, la portavo sempre durante il giorno, quando non dovevo indossare ricchi gioielli abbinati agli abiti. Lui lo sapeva.
"Dategli questa, e capirà chi sono, non è necessario che lo sappiate anche voi.. attenderò qui..".
Era bastato un istante ed ero di nuovo me stessa.
Posai la tazza di té, in fine porcellana cinese, e guardai l'uomo con un sorriso.
"Ditegli che lo raggiungerò sul terrazzo…" sorridendo "..vogliate perdonarmi, signore.. tornerò immediatamente.." dissi rivolta alle tre dame sedute accanto a me.
Uscii dalla stanza e mi diressi sul terrazzo a passo veloce, scesi la scalinata che conduceva alla grande sala e attraversai la grande vetrata.
Lo trovai appoggiato al parapetto, lo sguardo rivolto al giardino.
Nel sentire dei passi frettolosi si voltò e mi sorrise.
"Ehi.. non ti aspettavo.." dissi, correndogli incontro "…ho giusto due minuti prima che si freddi il té..".
Lui si inchinò rispettosamente "Altezza..perdonate l'intrusione, volevo solo vedervi.. devo.. devo parlarvi..".
Gli lanciai un'occhiataccia scocciata e divertita allo stesso tempo.
"Ditemi allora, Conte Fiosari, cosa volete condividere con la Maestà Nostra?" dissi in tono serio e cerimoniale, prendendolo palesemente in giro.
Scoppiò a ridere, e io con lui.
Odiavo il cerimoniale in presenza dei miei amici, mi piaceva pensare che per persone a cui davo fiducia e amicizia non fossi una titolo, ma semplicemente Clio.
"Dicevi?" dissi, senza smettere di sorridere.
Lui divenne serio immediatamente.
"Devo partire, torno a Sygma.. tra una settimana.." con un tono che tradiva poco entusiasmo.
"Beh, e non sei contento? Insomma.. capisco che non vi sia terra più bella di questa, ma è sempre bello tornare a casa…" sorridendo.
Guardò lontano, cercando il mare con lo sguardo. "Mi hanno trovato una moglie, ci sposeremo in primavera.." alzò lo sguardo su di me, ma non disse altro.
Una fitta dolorosa mi attraversò il petto, ma non la ascoltai, sapevo che prima o poi sarebbe successo, così come sapevo che non ci sarebbe mai stato nulla tra noi, nonostante l'evidente intesa che ci legava.
Restai impassibile "E lei com'è?"
"Non ne ho la minima idea.. ho chiesto di mandarmi un ritratto ma mi hanno detto che tanto tornare quindi.. non ce n'è motivo..".
"Brutto segno…" con una smorfia "..speriamo non sia grassa o noiosa.. noiosa è peggio, fidati… ne conosco fin troppe..".
Lui annuii e sorrise, senza convinzione.
"Ti faccio le mie congratulazioni, allora.. Se vorrai tornare a trovarci con la tua famiglia, sarai sempre il benvenuto.." dissi, senza tradire emozioni.
Dovevo andare, pensai dolorosamente, le dame avrebbero cominciato a innervosirsi, e mio padre non ne sarebbe stato felice.
Gli porsi la mano perchè la baciasse "Addio, Roberto.. sii felice, mi raccomando..".
Lui si inchinò, mi baciò la mano e alzò lo sguardo a cercare i miei occhi.
Non vi trovò ciò che cercava, sapevo nascondere bene le mie emozioni.
"Addio, Clio.. porterò Crysa nel mio cuore, per sempre..".
Annuii e mi voltai verso il palazzo.
"Clio.." mi chiamò nuovamente, con voce tremante.
Voltai il capo e mi ritrovai gli occhi nei suoi, uno sguardo intenso in cui erano raccolte tutte le parole che non ci eravamo mai detti, parole che sarebbero rimaste inespresse per sempre.
"Lo so.." dissi, rispondendo a quello sguardo con la medesima intensità "..in un'altra vita..".
Lui sorrise senza allegria, io lo salutai con un cenno del capo e rientrai.
Raggiunto il piano superiore, prima di tornare nella sala da tè, mi affacciai ad una finestra che dava sul giardino, e lo osservai allontanarsi.
"Brutta storia, eh.." la voce di mio fratello mi fece sobbalzare.
"Diomede, maledizione.. Mi hai fatto prendere un colpo, sciagurato.." dissi, voltandomi.
"..scusa, ma non ho resitito.." ridendo.
Lo guardai con una smorfia.
"Ti piaceva, eh.." incalzò lui.
Scossi la testa "..forse.. mi piaceva il fatto che mi vedesse esattamente per quella che sono, che sapesse tutto di me.." lo guardai e sorrisi "..e non mi prendesse per pazza…".
Sapevo di potermi fidare di lui. Era difficile spiegare cosa ci legava, noi stessi faticavamo a comprenderlo.
Ma qualunque cosa fosse, la fiducia ne era parte integrante.
Mi chiesi se fosse cambiato o se fosse invece rimasto lo stesso.
Fissai la porta per un lungo istante, aspettando.
Odiavo aspettare, camminavo avanti e indietro per quel piccolo vestibolo, nervosamente, lanciando di tanto in tanto un'occhiata alla porta.
Una piccola parte di me si chiese cosa avrei provato nel rivederlo.
Niente, le risposi, niente.. non c'era mai stato niente e non ci sarebbe mai stato.
Era solo un amico fidato, niente di più.
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