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Vecchio 09-09-2013, 02.52.26   #91
Guisgard
Cavaliere della Tavola Rotonda
 
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Capitolo II: Il Cavaliere di Altafonte

"Va Firenze, fatti in là
Semifon divien città»

(Motto di scherno dei cavalieri di Semifonte)



Un ampio corridoio, formato da diverse stanze fastose e ben arredate, aveva condotto in quel salotto, ammobiliato con la sontuosità di uno studio privato di qualche notaio o legale.
Era una stanza quadrangolare, non molto ampia, ma neanche eccessivamente piccola, tappezzata di seta color porpora e ricoperta da mussola di Bombay, con i mobili in vecchio legno di noce fregiati con stoffe e avorio, un largo lampadario circolare che pendeva al centro del soffitto e un elegante tappeto persiano sul pavimento.

“Guarda bene, figlio mio...” disse il teatrante
“Vi ascolto, Carlo...” annuendo il giovane.
“E' norma degli uomini” continuò Carlo “che ogni padre lasci al proprio figlio ciò che possiede...” sorrise “... ed è regola naturale che l'eredità sia giusta... e a te che mi sei caro come un figlio, perchè tale sei stato in questi tre anni, lascio ciò che possiedo e che non posso portare con me ora che corono il mio sogno a causa di un antico voto fatto al Cielo...”
“Un voto?” Ripetè il giovane, fissandolo meravigliato con i suoi occhi azzurri.
“Ascolta e non interrompermi...” stringendogli la spalla Carlo “... i regnanti e i potenti di oggi non sono più gli uomini di una volta... re Salomone e l'imperatore Traiano spinsero i loro soldati fino ai confini del mondo per trovare immensi tesori e dare il loro nome alla storia dell'umanità... per questo ciò che è conservato laggiù è rimasto intatto... perchè gli uomini hanno perduto la forza della volontà, che li differenzia tra loro...”
“Io non comprendo, Carlo...”
“Ti ho insegnato tutto ciò che conoscevo...” lo zittì l'attore “... l'arte del recitare... ti ho istruito su come dare il tuo volto a mille e più personaggi... ti ho reso Giulio Cesare, Orlando e Bassanio... persino Lancillotto insegnandoti a tirare di spade... ho sciolto la tua lingua per mille e più versi... ma ora ascoltami... ora non è più una recita...”
“Se lascio questa compagnia” fece il giovane “mi troveranno e sarò giustiziato...”
“Io ti renderò libero... e ricco...” sgranando gli occhi Carlo “... ricco come neanche puoi immaginare... un tesoro più grande di quello che Alarico portò via da Roma dopo il suo sacco...” fissandolo Carlo “... più inestimabile di quello che i Turchi trassero da Costantinopoli dopo il suo assedio... un tesoro immenso, col quale potresti realizzare l'antico sogno dei re Longobardi e poi di Machiavelli, che fantasticavano di rendere l'Italia un regno unito e potente... poiché avrai questo paese ai tuoi piedi...”
“Io non so nulla di queste cose...” disse il giovane.
“Ma le imparerai...” sorridendo Carlo “... poiché sarai così ricco da rendere tutti gli altri poco più che mendicanti... e avrai per te una nuova vita... quella che hai sempre sognato, figlio mio...”

La porta della stanza si aprì di colpo, destando quell'uomo seduto dal suo ricordo.
“Perdonatemi se vi ho fatto attendere...” avvicinandosi quello appena entrato “... sono corso da voi appena il mio segretario mi ha informato del vostro arrivo... sono Nicolò di Accio, direttore di questa banca.”
L'uomo seduto lo salutò con un lieve cenno del capo, mostrando un sorriso di circostanza.
“State comodo.” Disse il banchiere, per poi sedersi anch'egli alla scrivania.
“Immagino” fece l'altro “abbiate ricevuto la lettera della banca dei Bardi...”
“Certo.” Annuendo Nicolò. “Per questo sono corso da voi, per mettermi a completa disposizione delle vostre richieste.”
“Prelevare dai Bardi” spiegò l'uomo “mi avrebbe fatto perdere del tempo ed in verità non ne ho molto.”
“Per questo vi hanno segnalato la nostra banca...” con soddisfazione Nicolò “... perchè siamo i loro più importanti soci... credetemi, non avrete da pentirvene.”
“Lo spero...” con sufficienza l'altro.
“Non ho ben compreso però a nome di chi intendiate aprire un conto presso la nostra banca.” Fece il banchiere. “Nella lettera era indicato solo il vostro titolo e nessun nome. Un titolo che francamente non conosco, milord.”
“E' a quel titolo” disse l'uomo “che aprirete un conto per me. I Bardi hanno allegato tutti i documenti del caso, dunque credo non vi siano problemi per voi.”
“Assolutamente.” Disse Nicolò. “Le garanzie poste dai Bardi sono più che sufficienti. Solo che mi incuriosiva questo vostro titolo... Cavaliere di Altafonte... non conoscevo questo casato devo ammettere...”
“Infatti” annuì l'uomo “non sono nobile.”
Il banchiere lo fissò stupito.
“Affatto.” Con naturalezza il cavaliere. “Appartengo invero al Patriziato. A coloro, cioè, che pongono il loro lignaggio sul possesso e non sul sangue. I nobili de' Medici, tanto per fare un esempio, appartengono al Patriziato e non alla nobiltà. Ciò era in voga nell'antica Grecia, quando sorse la distinzione tra aristocrazia e oligarchia. La prima era la nobiltà dettata dal sangue e dalla discendenza... l'altra invece basava tale privilegio sul denaro e sulle terre...” sorrise candidamente “... ma ormai ho preso così l'abitudine di vivere come tale, che non potrei non concedermi gli sfarzi propri dell'aristocrazia... e con essi anche le insofferenze che angustiano quella classe... come i miei abiti...” indicando la sua giacca di ciniglia blu cobalto “... sono giunto qui a Sygma direttamente dall'isola d'Ischia, arrivato lì in seguito ad una traversata dell'Egeo, con questi vestiti che risentono appieno della scomodità di non poter disporre, ahimè, di un bagaglio sufficientemente adeguato per simili spostamenti... ma in verità a rendermi seccato sono i miei capelli, che l'umidità del mare ha reso crespi... e sia... mi riposerò a dovere in questi giorni... ma veniamo a noi...”
“Vi ascolto.” Sorridendo Nicolò.
“Mi occorrono ingenti capitali durante questo mio soggiorno a Sygma...” chiarì il cavaliere “... anche perchè sono vittima di un pessimo affare...”
“Davvero?”
“Già...” seccato l'uomo “... ho perduto una discreta quantità di denaro a causa di un esperimento scientifico...” rise “... o per meglio dire letterario...”
“Mi incuriosite.” Fece il banchiere.
“Ah, lo immagino!” Esclamò il cavaliere. “Vedete, a Cipro ho scommesso con l'Arconte Michele Skotos sulla riuscita della fuga di un'odalisca dall'harem del sultano di Istanbul...”
“Ebbene?”
“Beh, ho corrotto alcuni eunuchi turchi per farla fuggire” raccontò il cavaliere “sperando poi nella sua riconoscenza... ella invece ha pensato bene di scappare anche dalla residenza dove mi trovavo per il suo, pare, sogno d'amore con un marinaio armeno... certo avrei potuto farla inseguire dagli uomini dell'Arconte... ma, cosa volete, sono un romantico e del tutto incuriosito dall'esito di questa faccenda ho lasciato volar via l'odalisca...”
“E l'esperimento di cui parlavate?” Domandò il banchiere.
“Si dice che la vita sia come un romanzo, no?” Guardandolo l'uomo. “E che l'amore ne sia la sua trama più eccelsa, giusto? E allora, per vedere se ciò corrisponde al vero, ho voluto concedere questa possibilità ai nostri due colombi... vedremo se mi smentiranno.”
“Smentiranno?” Ripetè Nicolò.
“Si... io non credo all'Amore Vero...” sentenziò l'uomo “... lo ritengo un magistrale artificio di menti dalla straordinaria immaginazione... ma vedremo cosa combineranno l'odalisca ed il suo innamorato armeno.”
“Capisco.” Fece il banchiere. “E riguardo al vostro conto presso di noi, milord?”
“Vediamo...” annusando un fazzoletto di pizzo intriso di profumo il cavaliere “... visto che ho da poco preso casa in questa città...”
“Allora” meravigliato Nocolò “siete voi il misterioso forestiero che ha preso in affitto Palazzo Lorena...”
“Si, in effetti si...” senza tradire reazioni significative il cavaliere “... in verità ho lasciato fare al mio servitore... credete abbia fatto una buona scelta?”
“Milord, la residenza dei Lorena è tra le più belle di Sygma.”
“Mi compiaccio...” accennando un debole sorriso l'uomo “... quanto al mio credito...”
“Prego, milord...”
“Diciamo che per questo mese mi contenterò di tre milioni di Taddei. Naturalmente andranno bene anche in Fiorini.”
“Tre milioni...” pensieroso Nicolò.
L'uomo lo guardò.
“Beh, per questo mese non avremo problemi a fornirvi tale cifra...”
“Ottimo.”
“Ci attrezzeremo per sostenere questo credito anche in quelli successivi.”
“Benissimo.” Quasi con insofferenza il cavaliere. “Credo che ognuno abbia abusato fin troppo del tempo e della disponibilità dell'altro...” alzandosi il cavaliere “... siete stato estremamente disponibile...”
“E' un onore servirvi, milord.” Con un lieve inchino Nicolò. “Posso chiedervi del motivo di questo vostro soggiorno qui a Sygma?”
“E' presto detto...” sistemandosi il fazzoletto nel taschino il cavaliere “... vedete, sono giunto qui per un motivo, diciamo, di diletto, di piacere...” mostrò un sorriso quasi ebete “... voglio trovare moglie... e siccome si dice che le donne italiane siano le migliori, beh, ho pensato bene di dar credito all'Alighieri e al Petrarca che cantarono i divini pregi del genere femminile di queste terre...”
“Perbacco!” Esclamò il banchiere. “Siete una continua sorpresa! Ma sono certo che le dame di Sygma cadranno tutte ai vostri piedi, milord!”
“Oh no...” scuotendo il capo il cavaliere “... troppo svenevoli e sdolcinate non fanno per me... ora vi saluto... ancora grazie...” un lieve cenno col capo ed uscì, accompagnato dal segretario di Nicolò.
Raggiunse allora la sua carrozza che lo attendeva davanti alla banca, per poi partire.
“E' andato tutto bene, signore?” Chiese un servitore all'interno.
“Si, tutto tranquillo...” rispose il cavaliere ora con un'espressione diversa sul volto “... il meno è fatto...”
“Volete vedere la vostra nuova residenza?” Domandò il servitore.
“Si...” fece il cavaliere “... ma sono certo che avrai scelto per il meglio, Erniano...”
Il servitore ringraziò con un cenno del capo.
“E comunque...” disse poi “... voi conoscete bene questa città, signore...”
“No...” fissandolo il cavaliere “... non conosco queste terre... non più... il Cavaliere di Altafonte non vi è mai giunto prima d'ora... intesi?” Con quei suoi occhi azzurri che ora erano divenuti freddi ed enigmatici.
“Si, signore...” annuì Erniano.
E la carrozza raggiunse dopo un po' lo splendido Palazzo dei Lorena.
E nel pomeriggio il misterioso cavaliere uscì a galoppare nei giardini della sua nuova dimora.
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO
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