Disattivato
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Avevo parlato al maschile, e al maschile quell'uomo si era rivolto a me.
Ringraziai di non avere una vocina stridula.
Sorrisi, portando una mano al cappuccio, per scoprire il mio viso.
Mi credevano una minaccia, ma come poteva una fanciulla esserlo?
La mano mi tremava impercettibilmente, mentre le raccomandazioni di mio padre mi tornavano alla mente.
La grande sala era illunimata dalle molte fiaccole appese alle pareti, creando un gioco di luce ed ombra che da bambina mi aveva sempre spaventato.
Era raro che fosse così gremita di gente, eppure, quel giorno soldati, scudieri, ancelle e persino ragazzi lo affollavano.
Tutti, però, si scostavano al mio passaggio.
Raggiunsi così la parte alta della sala, dove uomini giovani e anziani erano in piedi intorno ad un tavolo, intenti a discutere animatamente.
Feramai l'araldo con un cenno della mano: mi sarei annunciata da sola.
"Padre.." chiamai ad alta voce, calma e decisa.
Un uomo non molto alto ma dal portamento nobile ed elegante lasciò quel tavolo e si girò verso di me.
I suoi occhi azzurri, così simili ai miei, si illuminarono nel vedermi.
Sorrisi.
"Clio.. grazie al Cielo, sei qui.." disse con un sorriso, si voltò poi verso gli altri uomini "..vogliate scusarmi..".
Si avvicinò e mi fece cenno di seguirlo in una piccola stanzetta poco distante.
"Quelli non sono gli abiti di tuo fratello.." disse mentre camminavamo, osservando i pantaloni, la cintura e la camicia che mi andavano alla perfezione, evidentemente fatti su misura.
"No, in realtà.." balbettai io, arrossendo.
"Lascia stare.." mi interruppe lui "..non ho il tempo per rimproverarti perchè ti sei fatta fare dei vestiti da uomo..".
Abbassai lo sguardo, imbarazzata.
Come potevo spiegare a mio padre che gli splendidi abiti da fanciulla, che sicuramente non mi mancavano, erano davvero scomodi nelle lunghe cavalcate con mio fratello, o per tirare con lui di spada?
Eravamo soli, dopotutto. E insieme ci eravamo sempre divertiti un mondo.
Alzai lo sguardo e repressi il sorriso che quel breve ricordo aveva posato sulle mie labbra, eravamo arrivati nella stanzetta splendidamente affrescata, e quello non era certo il momento di scherzare.
Mio padre restò a fissare la parete per alcuni minuti, vi erano raffigurate scene mitologiche: Achille e Pentesilea, Atteone dilaniato dai cani, Bellerofonte e la Chimera, Eracle e il cinghiale Erimanto.
Mi ero sempre chiesta se ci fosse un senso in quella successione di immagini così diverse tra loro, ma se c'era, io non riuscivo a trovarlo.
Ero rimasta in silenzio ad osservare lo sguardo di Pentesilea morente.
"Devi partire, Clio.. stanotte stessa.." mio padre parlò come se ogni parola fosse un pesante macigno.
Un lampo di terrore attraversò i miei occhi.
"No!" esclamai, trattenendo le lacrime.
Lui si girò e mi fissò negli occhi, con una calma che mi sorprese.
"Sono qui.." disse piano "..ma quando entreranno, tu sarai già lontana..".
"Padre, vi prego.." sussurrai, tra le lacrime che non ero riuscita a fermare "… il mio posto è qui… non.. non potete chiedermi di lasciarvi.. non passeranno, li fermerete, lo so..".
Il suo sguardo tradì una tristezza che non vedevo da molti anni.
"Somigli sempre di più a tua madre.." sussurrò "..impulsiva e fiduciosa..".
Mi avviciai di un passo, e lui, di slancio, mi abbracciò.
Restai tra le sue braccia per molto tempo, fingendo di non sentire i tamburi e gli schiamazzi provenire dal palazzo.
"Sono in troppi.." disse, infine.
Mi scostai da lui.
"Da quando avete così poca speranza, padre?" dissi, guardandolo negli occhi "..li respingerete..".
Per tutta risposta lui si tolse la spada lucente dal prezioso fodero e me la porse.
"Non discutere con me, Clio.." disse, ritrovando l'autorità che la tristezza aveva fatto vacillare per un momento.
La presi tra le mani tremanti.
"Padre.. come.. come potete pensare che potrei abbandonarvi? Questa è casa mia, il mio posto è accanto a voi.." dissi, con tutta la calma che mi restava.
Guardai la spada che avevo in mano, apparteneva alla mia famiglia da secoli, era stata bottino di guerra di un mio avo, e ogni discendente maschio l'aveva abbellita, affilata, ammodernata, ma mai cambiata o persa.
Mio padre aveva aggiunto solo un incisione con un monogramma che univa le iniziali sue e di mia madre, morto lui, sarebbe appartenuta a mio fratello.
"Tu farai quello che ti dico, Clio.." tuonò con voce severa "… non osare contraddire i miei ordini…" con uno sguardo triste e disperato che contrastava con la sicurezza della voce.
"Ma padre…" mormorai "..è la vostra spada.." porgendogliela nuovamente.
"E tu sei mia figlia.." tuonò lui "..e non voglio che abbiano nessuna delle due! Sono stato chiaro?".
Per un breve momento, sorrise "So che la saprai maneggiare molto bene.. credi che non sappia con chi si esercita quell'incosciente di mio figlio?".
Arrossii "..mandate lui in salvo.. questa spada appartiene a lui non a me..".
Mio padre scosse la testa "..No, lui mi serve qui.. e se dovesse accadermi qualcosa prenderà il mio posto, ma se tutto dovesse essere perduto, almeno sapremo entrambi che la nostra stirpe non si esaurirà.." mi posò le mani sulle spalle "…ascolta Clio… c'è una nave che ti aspetta.. ha istruzioni precise, ma non mostrare mai il tuo volto, non sanno chi devono trasportare… non fidarti di nessuno.. quando sbarcherai, raggiungi Camelot e poi, Capomazda o Sygma.. regni lontani, dove non hanno idea di cosa accade qui.. so che saprai badare a te stessa.. Beh, anche se non potrai guadagnarti da vivere ricamando o cucendo, visto che fai di tutto per non imparare.." sforzandosi di scherzare.
Sorrisi.
"Quando sarai al sicuro.." continuò "..solo allora fidati delle persone.. nessuno ti riconoscerà, nessuno ti cercherà.. fai di tutto per passare inosservata, per non dare nell'occhio.. e, soprattutto, vedi di non metterti nei guai.." con un sorriso.
Non riuscivo a trattenere le lacrime, lui mi strinse per lunghi istanti.
"Se tutto andrà bene, verremo a cercarti, potresti anche raggiungere i confini del mondo ma ti troveremo.. e.." la voce gli tremò "..se dovesse andar male..".
"Tornerò a vendicare la mia casa.." lo interruppi, con la voce calma e lo sguardo deciso, nonostante le lacrime.
Lui sorrise e mi guardò colmo d'orgoglio.
"Sei la nostra speranza, Clio.. nel bene e nel male.." disse sorridendo.
"Ora va, e rendimi fiero..".
"Addio padre.." dissi, reprimendo la voglia di abbracciarlo o sarebbe stato ancora più doloroso il distacco.
"Ehi.." mi chiamò, facendomi voltare un'ultima volta "..attenta alla spada..".
"Non temete, è in buone mani.." dissi, con un doloroso sorriso.
"Oh, lo so bene.. addio, figlia mia.." mormorò piano.
Ero abbastanza lontana, dovevo essere una persona qualunque, uguale a mille altra.
Così, abbassai il cappuccio, rivelando all'uomo i miei occhi chiari, fermi e decisi.
"Il mio nome è Clio.." dissi, guardandolo negli occhi.
Mentire sul mio nome non mi sembrava una buona idea.
"…vi ho già detto chi sono, solo un viandante… e i cinghiali non mi spaventano… Ho viaggiato molto per arrivare qui…" dissi sorridendo "… non vi stavo seguendo, sono solo diretta a Sygma, come voi… e temo che la strada sia la stessa per tutti… Ci siamo già visti, rammentate, a Camelot.. alloggiavamo nella stessa locanda.. siete solo partiti prima di me…".
Alzai le spalle "…mettete via quella spada.." dissi con noncuranza "…non mi aspetto che vi fidiate delle mie parole, io non mi fiderei delle vostre, d'altronde… se preferite, partirò prima di voi stavolta, così potrete controllare che non vada a spifferare a nessuna banda di briganti dove siete…".
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