Nel palazzo dei Gufoni, Jacopo entrò nel suo studio e trovò ad attenderlo un uomo.
Era di corporatura sgraziata, il collo tozzo e le spalle strette, i capelli scurissimi e la pelle cotta dal Sole.
Questi si voltò e il Capitano della Guardia Reale subito lo riconobbe.
Il mercato si Sygma, attraversato dal fiume Elsa, era il centro commerciale ed economico dell'intero regno.
E un'umanità viva, vivace e varia frequentava quel luogo per le ragioni più disparate.
E così avventurieri, mendicanti, mercanti, commercianti, accattoni, prostitute, imbroglioni e sprovveduti affollavano ogni angolo di quello spaccato cittadino.
E due figure, distinguendosi da tutte le altre, fissavano un punto del parapetto del ponte, dal quale si sporgeva un ragazzo con abiti militari e l'aria cupa a fissare la parte più ampia del corso del fiume.
“Jacopo...” disse una delle due figure indicando quel militare “... è innamorato... spasima per la bella Talia... ma lei non si decide... e lui soffre... boh! Bravo chi comprende l'amore!”
Gli occhi dell'altra figura, piccoli e scuri, si serrarono quasi del tutto, come se volesse penetrare l'animo del ragazzo che si sporgeva dal parapetto.
“Vieni, Massimo...” mormorò poi all'altro “... andiamo da lui...”
E raggiunsero il giovane militare sul ponte.
“Jacopo...” fece Massimo quando i due lo raggiunsero “... mica vorrai gettarti nel fiume!”
“Meglio!” A denti stretti il soldato.
“Assaggia un po' di vino se vuoi bagnarti.” Fissandolo Massimo.
“A parte che l'acqua un uomo vero non la tocca mai.” Disse l'altro.
“Simone ha ragione.” Indicandolo Massimo. “L'acqua fa male. Il Diluvio lo insegna. L'acqua è per gli uomini malvagi e i derelitti.”
“Andiamo...” guardando il militare Simone “... affogheremo le tue pene d'amore, amico mio...”
E i tre si avviarono verso la locanda.
“Ci si rivede, amico mio.” Voltandosi l'ospite. “O dovrei dire capitano?”
“Simone, che sorpresa.” Sorridendo Jacopo. “Pensavo fossi in Corsica.”
“Qui c'è molto più da fare.” Fissandolo Simone. “Sia per te che per me... e già una volta, se rammenti, abbiamo fatto ottime cose insieme...”
“Ti ascolto...” mormorò Jacopo.
“Come Procuratore del Re” spiegò Simone “sono stato richiamato per occuparmi della faccenda del Verziere Fiesolano e scoprire chi c'è dietro quella minaccia di furto...”
“Andiamo, non penserai che esiste un fantomatico ladro che con piglio epico e romantico ruba ai nobili per dare ai chierici...”
“Affatto.” Scuotendo il capo Simone. “Ma di sicuro so che non saranno i Domenicani o i Gesuiti, dopo essersi alzati i loro cappucci, a portare via quel quadro... la Chiesa in passato ha più volte agito contro la normale etica e morale umana, giustificando un Bene, per essa, superiore... e probabilmente anche in questo caso sta andando così... e il nostro compito è scoprire chi sta agendo per conto del Vescovo...”
Jacopo lo ascoltava in silenzio.
“Se ci riusciremo” continuò Simone “io diventerò Console... e tu magari Governatore di una città del regno... pensaci, amico mio...” sorrise “... dobbiamo solo scoprire chi o cosa si cela dietro il nome Mirabole...”
Intanto Talia, quasi senza accorgersene, galoppando si ritrovò alla periferia della città.
E vide una sfarzosa carrozza correre e poi arrestarsi davanti a Palazzo Lorena, uno dei palazzi più sontuosi della città.
E dalla carrozza scese un uomo dall'aria semplice e i capelli cortissimi, seguito da altri abbigliati in modo fastoso ed esotico, come se fossero guardie di qualche ricco emiro.
L'uomo fece segno alle guardie di attenderlo accanto alla carrozza, per poi dirigersi verso l'ingresso del palazzo, dove fu accolto con tutti gli onori dal proprietario.